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Berenberg Bank si scaglia contro le Banche Tricolore

Da
Lorenzo Cuzzani
Pubblicato: Sep 17, 2015, 18:59 GMT+00:00

La seconda Banca più antica del mondo prende di mira la prima, ma non solo. Nella giornata di ieri, gli analisti di Berenberg Bank, la seconda banca più

Berenberg Bank si scaglia contro le Banche Tricolore
Berenberg Bank si scaglia contro le Banche Tricolore

La seconda Banca più antica del mondo prende di mira la prima, ma non solo.

Nella giornata di ieri, gli analisti di Berenberg Bank, la seconda banca più antica al mondo dopo il Monte dei Paschi di Siena, hanno diffuso un report nel quale prendono una posizione molto netta di critica delle banche tricolore, specialmente contro l’istituto di credito toscano, quotando il titolo di un rating sell e target price di 1,10 euro, registrando una flessione dell’1,61% a 1,716 euro oggi in borsa. Appresso, sono coperte anche Banco Popolare e Ubi Banca, per le quali le stime si attestano rispettivamente su 12 euro (-1,17% a 14,33 euro) e su 5,30 euro (-0,29% a 6,87 euro).
Chiudono la copertura Banca Popolare di Milano e Credito Emiliano, i cui rating hold e target price sono rispettivamente 0,83 euro e 6,80 euro, entrambi in progresso, la prima di +0,49% a 0,932 euro, la seconda a + 0,07% a 6,785 euro.

L’incipit da cui prenda le mosse l’analisi critica dei tedeschi è molto semplice: concentrarsi sulla crescita del Paese quando questa stenti a progredire è un boomerang che rischia solo di fare danni, infatti, per Berenberg: “Le banche italiane hanno fatto troppe promesse e non le hanno mantenute, a nostro avviso. Gran parte della loro strategia è focalizzata sulla crescita, ma questa continua a deludere, il che significa che gli obiettivi vengono rinviati. I coefficienti patrimoniali deboli e la qualità dell’attivo modesta aumentano i problemi. Per cui crediamo che le banche italiane siano sopravvalutate: trattano a 0,9 volte il tangible book value per un rote 2016 del 6,5%”.

Mettendo da parte tecnicismi, appare palese lo stretto collegamento tra la crisi della Nazione e la difficoltà a questa connessa, due facce della stessa medaglia che sono una lo specchio dell’altra; se a questo poi si aggiunge che sono proprio le attività reali iscritte nel bilancio della società a essere sotto esame, allora la panoramica diviene più tagliente non prescindendo da elementi concreti e impone riflessioni dalle tinte scure.

A questo riguardo, è triste ma utile ricordare come la crescita dei volumi delle banche italiane sia insoddisfacente; in più, non sembra che il pil nominale possa crescere, o almeno non in maniera rilevante e le imprese continuano a pagare il debito con qualsiasi domanda di credito possibile.
Capitolo famiglie: nonostante i mutui ipotecari appaiano in recupero, non bisogna dimenticare che gli stessi rappresentino solo il 25% dei prestiti in essere, contro il 55% di quelli delle imprese: da qui è facile evincere la scarsa capacità bancaria di aumentare il proprio libro prestiti.

Stante la situazione di cui sopra, gli analisti tedeschi prospettano la centralità della riduzione dei costi, non escludendo criticità di sistema: “Mentre crediamo che le banche possano compiere ulteriori riduzioni dei costi quando la crescita delude, la possibilità di fare ulteriori risparmi può essere ostacolata dalle leggi restrittive sul lavoro nonostante le recenti riforme del mercato del lavoro”.

Dal novero delle note negative non mancano le previsioni circa i margini delle banche tricolore, che per Berenberg rimarranno sotto pressione a causa della copiosa liquidità elargita dalla BCE, della risibilità dei tassi e della grande concorrenza tra le banche per i volumi di prestiti: difficile prevedere un’inversione del trend.

Il 90% di tutti i depositi italiani è costituito da quelli a vista, che hanno già rifatto i prezzi, diversamente da obbligazioni retail mature, per le quali è possibile un altro riprezzamento dei finanziamenti. Sulla vicenda, così gli analisti Berenberg: “vediamo un sostanziale rischio di ribasso per i margini nei prossimi 12-18 mesi”.

In conclusione, sottolineando la consapevolezza per la quale gli accantonamenti possano rimanere alti, il report critica il consenso generale, ponendo l’attenzione sul vero problema finanziario italiano, quel buco nero che si autoalimenti sistematicamente: le sofferenze.
Sì perché i cosiddetti non performing loans, vantando una maturazione continua e dovendo ancora passare per un periodo di scoperta del prezzo, rischiano di causare un ribasso per gli accantonamenti.
Il che, aggiunto all’introduzione dell’’IFRS9, il nuovo modello di classificazione e misurazione degli strumenti finanziari, potrebbe comportare un livellamento ulteriore verso il basso delle perdite sui crediti.

Dato che l’onere per le perdite sui prestiti nel lungo termine per le banche italiane in media è pari a 104bp, le riduzioni degli accantonamenti sono improbabili.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

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