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Anche l’Italia entra nella Banca Mondiale Cinese

Da
Lorenzo Cuzzani
Aggiornato: Mar 17, 2015, 21:58 GMT+00:00

Come rivelato dal “Finacial Times”, il Bel Paese ha seguito l'esempio della capostipite Gran Bretagna e, insieme alle cugine europee Germania e Francia,

Anche l’Italia entra nella Banca Mondiale Cinese
Anche l’Italia entra nella Banca Mondiale Cinese

Come rivelato dal “Finacial Times”, il Bel Paese ha seguito l’esempio della capostipite Gran Bretagna e, insieme alle cugine europee Germania e Francia, ha deciso di aderire alla Banca Internazionale per lo Sviluppo guidata dalla Cina.

L’Asian Infrastructure Investment Bank è la risposta del mondo asiatico alla Banca Mondiale, organismo economico-finanziario-assistenziale nato il 27 dicembre 1945 con il nome di “Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo”; è importante ricordare come questa sia nata per sostenere la ricostruzione di Europa e Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma nei decenni allarghi il suo orizzonte estendendo la propria funzione ausiliaria anche in altre zone bisognose, come Africa, parte dell’Asia e America Latina.

Considerando la ratio originaria della Banca Mondiale, non sorprende come a distanza di 70 anni sia “germogliata” una parigrado asiatica: nonostante il mantenimento del fine assistenziale pro mondo della prima, appare palese come negli anni questa sia diventata un organismo finanziario di influenza occidentale, capace di influenzare mercati e legata a doppio filo con politiche monetarie, il tutto sotto l’egida USA, Paese ospitante la sua sede e bacino esclusivo del suo know how.

A prescindere dal dibattito sulla stessa, ricco di opinioni divergenti circa le sue luci e le sue ombre, quello che qui rileva è che l’Italia abbia approfittato dell’opportunità di aderire ad un nuovo istituto finanziario dal macro carattere, uguale per ora non è possibile saperlo, ma sicuramente opposto al colosso bancario USA, indiscutibilmente volano di scambi economici non indifferenti.
In un senso e nell’altro.

La partnership italo-cinese è molto viva e florida nell’attuale momento storico; è vero che il calo dell’euro diminuisca di molto il potere d’acquisto italiano sul mercato orientale, ma è anche vero che la scelta di adesione alla Banca Mondiale Cinese segua il trend positivo degli scambi commerciali tra i due paesi: secondo “Coldiretti”, nel mese di febbraio, il Made in Italy esportato in Cina ha raggiunto livelli esaltanti, registrando un aumento del 36,3% e costituendo quindi un terzo abbondante del progresso globale dell’export italiano, attestatosi sul +12,7%.

Attraverso questi dati diffusi dall’Istat si sottolinea come la domanda verso prodotti italiani da parte dello Stato più popoloso al mondo abbia contribuito a far schizzare al 19,1% l’aumento delle esportazioni verso Paesi extra UE, rimanendo netto il distacco col progresso dell’export nell’UE, fermo al +9,3%.

Il dato interessante risiede nelle fattispecie di prodotti esportati, con un settore alimentare in forte crescita nel mercato asiatico. Insistendo la Coldiretti sulla necessità di rimuovere le barriere commerciali ancora presenti in Cina, in special modo quelle fitosanitarie, che generano ritardi e limiti all’esportazione massiva, balza all’occhio come la partecipazione italiana all’Asian Infrastructure Investment Bank possa ovviare a criticità di questo tipo, andando a ottimizzare protocolli di controllo, intese e dialogo reciproco che esuli dal solo ambito finanziario, ma abbracci un contesto sistemico di settori differenti.

L’Italia sta proseguendo la sua sfida alla modernità: la decisione di aderire ad un complesso colossale di natura finanziaria e non solo potrebbe rivelarsi una mossa strategica davvero azzeccata per avere un accesso privilegiato ad un mercato, quello orientale, da sempre sensibile ai prodotti tricolore, con la possibilità di veder valorizzato il lavoro nazionale in un contesto internazionale, dinamica da grande Stato a cui il Bel Paese ha sempre ambito.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

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