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Petrolio, Analisi Fondamentale Giornaliera – I sauditi pensano ad una “exit strategy” dall’accordo OPEC

Da:
Armando Madeo
Pubblicato: Jul 10, 2018, 14:23 UTC

Il petrolio è come un treno in corsa - Per il Brent gli 80 dollari sono vicini

piattaforma crude oil

Ancora una giornata di forti guadagni per il Brent di Londra ormai prossimo alla soglia degli 80 dollari al barile; dopo alcuni minuti dall’apertura di Wall Street il Brent guadagna oltre un punto e mezzo percentuale, posizionandosi a 79,4 dollari, mentre il WTI è anch’esso in positivo e guadagna lo 0,8% rispetto alla chiusura di ieri.

È troppo tardi per uscire ora dagli accordi?

L’analista di Reuters, nonché esperto in energetici, John Kemp si chiede nel suo recente articolo se i paesi produttori OPEC/NON OPEC non avessero dovuto decidere prima di rompere l’accordo e ricominciare a pompare greggio.

L’uscita dall’attuale patto o fosse anche la sua sostituzione con un altro accordo, è diventata la questione politica più importante per l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e dei suoi alleati. Nell’attuale “dichiarazione di cooperazione”, pubblicata a Dicembre 2016, l’OPEC con la Russia e alcuni paesi non OPEC si sono impegnati a limitare la loro produzione. I limiti di produzione erano originariamente previsti per sei mesi tra gennaio e giugno 2017, ma da allora sono stati prolungati per altri nove mesi fino alla fine di marzo 2018.

La dichiarazione originale era vaga sui suoi obiettivi, ma i funzionari con ruolo più alto hanno indicato che l’obiettivo principale era ridurre le scorte di petrolio nei paesi industrializzati dell’OCSE fino alla media quinquennale. L’OPEC e i suoi alleati sono ora approssimativamente a metà strada verso questo obiettivo, con scorte di circa 160 milioni di barili sopra la media quinquennale, rispetto ai 280 milioni di inizio 2017 (“Monthly Oil Market Report”, OPEC, marzo e ottobre 2017).

I funzionari dell’OPEC hanno più volte sottolineato la loro determinazione a finire ciò che hanno iniziato ea ridurre ulteriormente le scorte l’anno prossimo. “Siamo determinati a fare tutto il possibile per portare gli inventari globali al livello “normale”, individuato come  la media quinquennale”, ha detto il ministro dell’Energia saudita Khalid al-Falih durante una conferenza a Riyadh.

“L’intento è quello  raggiungere un bilanciamento di mercato e non solo”, ha aggiunto (“il saudita ha deciso di porre fine alla saturazione del petrolio, vede un’agevole uscita per il patto dell’Opec”, Reuters, 24 ottobre) .

Poiché le scorte non saranno probabilmente ridotte all’obiettivo entro la fine di marzo, i funzionari dell’OPEC stanno discutendo un’estensione dei tagli alla produzione per altri nove mesi.

Ma il compito più complicato e importante è decidere quando e come uscire dall’accordo vigente e se provare a sostituirlo con un altro accordo di produzione.

Alcuni alleati hanno già rinunciato al Petrolio Iraniano

Le spedizioni petrolifere iraniane verso alcuni alleati degli Stati Uniti sono state già ridotte o azzerate ancor prima della scadenza del 4 novembre, per frenare le importazioni e adeguarsi alle nuove sanzioni imposte da Donald Trump.

Le spedizioni di settembre sono destinate ad essere le ultime a dirigersi verso il Giappone, se la nazione nazione del sol levante non dovesse ricevere un’esenzione dagli Stati Uniti, hanno detto alcuni esponenti del governo a Bloomberg. La Corea del Sud , nel frattempo, si trova ad affrontare problemi con le spedizioni di luglio a causa di problemi logistici.

Il rischio di interruzioni prima di novembre segnala come le alleanze diplomatiche stiano influenzando il mercato del petrolio dopo la decisione di Donald Trump a Maggio di reimpiantare le restrizioni sulla Repubblica islamica in base al suo programma nucleare. I più stretti alleati americani come la Corea del Sud e il Giappone sono alle prese con come sostenere i loro legami con gli Stati Uniti senza mettere a repentaglio la loro industria energetica e il loro rapporto con il fornitore di greggio primario, ovvero l’Iran.

“Siamo in una situazione spiacevole in quanto dobbiamo assecondare gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo l’Iran è un importante fornitore di greggio e condensati”, ha affermato Kim Jae Kyung, ricercatore presso il Korea Energy Economics Institute. “L’amministrazione Trump, nostra alleata, e l’imprevedibilità stanno alimentando la preoccupazione dei raffinatori e delle compagnie petrolchimiche in Asia, facendoli tagliare volontariamente le loro spedizioni dall’Iran prima della scadenza”.

Previsioni dei prezzi

I fondamentali stanno davvero mettendo sotto stress il Brent, con l’ipotesi che l’Arabia Saudita non riesca da sola a colmare il vuoto obbligato lasciato dall’Iran.

Finché non si avrà la certezza di un uscita dagli accordi prima di Marzo 2019 e/o della possibilità concreta, visibile attraverso report dei magazzini, da parte dell’Arabia Saudita di alzare l’asticella e dunque aumentare la produzione, il prezzo del Brent continuerà a salire, andando sempre più ad avvicinarsi alla fatidica soglia dei 100 dollari al barile. Il WTI invece potrebbe veder aumentare lo scarto con il Brent, se la produzione Statunitense dovesse continuare ad aumentare e le scorte di Cushing dovessero portarsi su livelli di nuovo interessanti.

Sull'Autore

Giornalista pubblicista indipendente iscritto all’ODG Campania con laurea Magistrale in Biologia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Classe 1988, svolge attività di trading part-time con una passione per gold, silver, oil e le valute ad essi correlate.

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