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Una giornata impegnativa in Asia ha tenuto attivi i traders del Forex

Da:
Barry Norman
Pubblicato: Feb 18, 2016, 09:57 GMT+00:00

In Asia, è stata una mattinata impegnativa, che ha causato moltissime oscillazioni delle valute e ne ha incrementato la volatilità. La Nuova Zelanda ha

Una giornata impegnativa in Asia ha tenuto attivi i traders del Forex

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In Asia, è stata una mattinata impegnativa, che ha causato moltissime oscillazioni delle valute e ne ha incrementato la volatilità.

La Nuova Zelanda ha reso pubblici i dati sull’inflazione, mentre in Australia si è preso atto degli insoddisfacenti dati sul lavoro e dell’impennata del tasso di disoccupazione. I trader cinesi hanno, invece, dovuto confrontarsi con i dati relativi ai consumi e al livello dell’inflazione. Infine, la pubblicazione dei risultati relativi alla bilancia commerciale giapponese ha mostrato un significativo calo delle esportazioni.

In realtà, lo yen ha guadagnato 10 punti rispetto al dollaro, per essere quindi negoziato a quota 114,00. Gli ultimi dati pubblicati si aggiungono al novero delle preoccupazioni già piuttosto elevate sulle possibilità, invero poche, rimaste al governo per ravvivare un’economia dissestata. La Banca del Giappone ha mantenuto un atteggiamento interventista nel corso dell’ultimo mese, anche adottando provvedimenti che hanno sorpreso il mercato, come l’introduzione del tasso di interesse negativo. I risultati deludenti ottenuti a gennaio si accodano ad esiti altrettanto deboli raggiunti dalla Cina nello stesso periodo.

In base a quanto riferito dal ministro per le finanze giapponese, a gennaio le esportazioni sono crollate del 12,9% su base annua, un risultato che supera la contrazione dell’8,0% a cui si è assistito nel mese di dicembre e le previsioni che indicavano un ulteriore declino dell’11,3%.

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Guardandola in prospettiva, questa è stata la contrazione annuale più rilevante nel settore delle esportazioni dall’ottobre del 2009. Considerando le destinazioni finali, le esportazioni verso l’Asia sono scese del 17,8% rispetto all’anno scorso, con quelle verso la Cina in diminuzione del 17,5%. Le esportazioni verso gli Stati Uniti sono, invece, scese solo del 5,3%. Esattamente come per le esportazioni, i dati relativi alle importazioni sono stati abbastanza deludenti.

Avendo adottato un tasso di interesse negativo solo nel tardo gennaio, i deboli dati sul commercio avranno come effetto solo l’intensificazione delle speculazioni sulle attività della BoJ, che potrebbe prendere come provvedimento di politica monetaria quello di aggiungere ulteriori stimoli all’economia giapponese, forse anche durante la prossima assemblea prevista per marzo 2016.

Nonostante i dati della bilancia commerciale cinese per il mese di gennaio non fossero particolarmente incoraggianti, i commenti del governatore della Banca Popolare Cinese hanno spinto al rialzo lo yuan portandolo al suo livello più alto rispetto al dollaro dall’inizio dell’anno. Alla chiusura delle piazze di ieri, la coppia dollaro – yuan si era portata a quota 6,4943.

La coppia è quindi scambiata a quota 6,5171, con un rialzo pari allo 0,21%. L’indice dei prezzi al consumo è aumentato dell’1,8% rispetto al mese precedente, con un rialzo dell’1,6% rispetto a dicembre, ma posizionandosi comunque a un livello inferiore rispetto alle attese del mercato. Questo movimento al rialzo è dovuto principalmente a un rincaro dei prezzi dei generi alimentari, che sono cresciuti del 4,1% nel corso dell’ultimo mese.

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Questo rialzo è stato causato dalle cattive condizioni meteorologiche registrate a gennaio, che hanno intaccato la produzione dei generi alimentari. Peraltro, questi hanno visto un incremento della domanda per via delle feste legate al capodanno cinese, che quest’anno è caduto agli inizi di febbraio.

La pressione deflazionistica nel settore industriale si è trasferita sull’indice dei prezzi al consumo, ha affermato un analista presso Bank of Communications, Liu Xuezhi.

Per ciò che concerne il resto dell’Asia va detto che il dollaro australiano ha perso 19 punti dopo che i dati pubblicati questa mattina hanno mostrato un incremento nel tasso di disoccupazione. Il dollaro australiano è negoziato a quota 0,7165, ma rimane ai livelli più elevati di contrattazione registrati per questo mese. Il dollaro australiano ha subito un ribasso per via dei suddetti dati sulla disoccupazione che, peraltro, hanno sollevato dubbi sulla validità delle azioni della banca centrale che ha optato per un taglio del tasso di interesse. In base all’ufficio statistiche, il tasso di disoccupazione è salito inaspettatamente del 6% nel solo mese di gennaio.

Il dollaro neozelandese nella giornata di giovedì si è mosso al rialzo per essere negoziato a quota 0,6662 con un incremento quindi di 31 punti. Tanto il dollaro neozelandese quanto quello canadese si sono mossi positivamente rispetto al dollaro poiché il livello di fiducia degli investitori ha conosciuto un miglioramento e il mercato azionario si è impennato dopo un periodo di pessimismo generalizzato che aveva dominato il mondo delle contrattazioni. L’indice sulla volatilità del Chicago Board Options Exchange, noto anche per essere lo strumento che misura i timori a Wall Street, si è abbassato dopo 5 mesi mentre l’indice CRB  Thomson Reuters/Core sulle materie prime, che misura i prezzi di un paniere di materie prime, si è mosso al rialzo dopo essere sceso a un livello registrato dal ultimo 12 anni fa.

I dati di oggi hanno mostrato come i prezzi alla produzione ricevuti dai produttori sono scesi dello 0,6% nel 2015 mentre i prezzi dei fattori produttivi pagati dai produttori sono scesi dell’1,2%. Un sondaggio bancario inoltre ha mostrato come, a gennaio, la fiducia dei consumatori si trovasse ancora al di sopra del tasso medio di crescita a lungo termine. 

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