Ieri, abbiamo assistito ad un'ulteriore spinta per il rialzo dei tassi di interesse degli Stati Uniti, fermi in prossimità dello zero da 6 anni, infatti
Ieri, abbiamo assistito ad un’ulteriore spinta per il rialzo dei tassi di interesse degli Stati Uniti, fermi in prossimità dello zero da 6 anni, infatti la Fed sembra essere intenzionata ad aumentarli entro gennaio 2016. La banca ha rilasciato i verbali relativi alla riunione di marzo dichiarando che la FRB era combattuta sull’argomento. Per quanto riguarda la possibilità di posticipare l’aumento dei tassi di interesse verso la fine di quest’anno anno, o al massimo nei primi mesi del 2016, possiamo vedere come diversi fattori pesino sul voto, tra questi, segnaliamo una PIL moderato, i bassi prezzi del greggio, un taglio dei posti di lavoro e un dollaro statunitense in costante ascesa che tiene a bada l’inflazione. Tuttavia, una considerazione unanime ha mostrato un rallentamento della ripresa economica statunitense.
Ricordiamo come nel mese di marzo il rapporto sulle buste paga nei settori non agricoli statunitensi abbia mostrato un calo di 126,00 unità, dati che hanno fatto pendere l’ago della bilancia verso un aumento dei tassi d’interesse entro la fine dell’anno. In realtà, ieri, il governatore della Fed, Jerome Powell, ha nuovamente indicato il mese di giugno come possibile data per iniziare ad aumentare i suddetti tassi.
Utili del primo trimestre 2015
Ieri, gli utili T1 di Alcoa hanno superato le precedenti stime degli analisti. C’è tuttavia da dire, che le previsioni degli analisti per gli utili del primo trimestre non sono state troppo entusiaste, motivo per cui, non ci sorprenderebbe se diverse società seguissero Alcoa battendo le stime di mercato. Detto questo, se gli introiti fossero deludenti potremmo assistere ad un aumento dei tassi d’interesse già da giugno.
Europa
Il dramma ieri era piuttosto elevato poiché la Grecia ha venduto i titoli di Stato un giorno prima della data precedentemente comunicata ai creditori, data in cui sarebbe rimasta senza denaro, ovvero, il 9 aprile. L’appetito estero è piuttosto limitato, infatti, i compratori stranieri non sembrano essere intenzionati ad investire nelle partecipazioni greche, inoltre, la BCE ha proibito alla Banca Greca di accumulare ulteriore debito, pertanto, Il private equity locale, potrebbe diventare un cavaliere bianco. La vendita ha portato 1,138 milioni di euro per i titoli a sei mesi con un rendimento del 2,97%.
Un confronto con i titoli di stato russi – altro “cattivo ragazzo” nell’Europa degli ultimi tempi- rivela come il rischio greco sia in aumento, poiché il costo del denaro sembra decollare. Il rendimento dei titoli di stato a 10 anni della Grecia si attesta sull’11,71%, divergendo notevolmente dal rendimento mostrato dai titoli russi nel mese di marzo, rendimento che si attestava in prossimità del 9%.
Nell’eurozona, invece, i tassi di interesse negativi a 10 anni sono del 4%.
Nel frattempo, il presidente greco Alexis Tsipras ha incontrato Vladimir Putin per decidere una linea guida. Putin sostiene che la Grecia non abbia chiesto soldi, inoltre, immagina progetti come un gasdotto turco in Europa e future zone di cooperazione. La Russia ha inoltre espresso l’interesse a partecipare a gare di privatizzazione greche, qualora ce ne fossero.
Ieri, le borse europee hanno postato i massimi degli ultimi 15 anni.