Nel corso della sessione asiatica il petrolio greggio WTI continua a cedere terreno scivolando a 35,49$, mentre il Brent rimane vicino, a 37,25$, in
L’Opec poco più di un anno fa ha lanciato la propria campagna contro i produttori statunitensi di scisto e contro l’aumento di produzione da parte dei paesi non membri dell’Opec. In una fase in cui Russia e Iran subivano il peso delle sanzioni venendo escluse dai più grandi mercati globali e negli Stati Uniti da oltre quarant’anni vigeva il divieto di esportazione di petrolio, l’Arabia Saudita aveva il pieno controllo della situazione. Chi avrebbe potuto prevedere un esito positivo delle trattative che potesse portare a un ritiro delle sanzioni? Ora però lo scenario sembra essere completamente cambiato e l’Opec assiste impotente alla veloce perdita della propria influenza sui mercati globali.
Mercoledì il barile ha lasciato sul terreno il 5% in seguito alla divulgazione dei dati governativi USA che indicano un sorprendente incremento delle riserve di greggio; intanto la Federal Reserve ha aumentato i tassi di interesse, una mossa che dovrebbe sostenere il dollaro e premere sui mercati di commodity. I future spot sul Brent e sul West Texas Intermediate (WTI) hanno lasciato sul terreno oltre un dollaro al barile ciascuno, portando a termine un rimbalzo della durata di due giorni dai minimi degli ultimi sette anni, toccati a inizio settimana. I dati dell’Agenzia d’Informazione sull’Energia USA riferiti alla scorsa settimana mostrano un incremento delle riserve di greggio pari a 4,8 milioni di barili, contro un 1,4 milioni di barili previsti dagli analisti intervistati in un sondaggio Reuters. Mercoledì il sorprendente incremento delle riserve di greggio negli USA ha contribuito a premere sui prezzi del petrolio in aggiunta alla decisione della Fed, che era invece ampiamente prevista e che ha prodotto solo un lieve rialzo del dollaro.
I paesi produttori dell’Opec ritengono improbabile un aumento significativo dei prezzi del petrolio nel corso del 2016; la produzione dall’Iran potrebbe aggiungersi all’offerta mentre l’ipotesi di un riduzione volontaria della produzione appare remota.
Gli Stati Uniti sembrano apprestarsi a rimuovere il bando sulle esportazioni di petrolio greggio che dura da quarant’anni, ponendo fine a una lotta, iniziata un anno fa, provocata dall’impennata della produzione interna di scisto che ha contribuito all’eccesso di offerta e al calo dei prezzi.
Le riserve di olio combustibile dall’Occidente all’Asia è previsto in aumento di oltre il 27 per cento ad almeno 4,5 milioni di tonnellate nel mese di gennaio, in rialzo rispetto alle forniture stimate in 3,6 milioni di tonnellate.
I prezzi del greggio stanno subendo continue perdite dovute ai deboli fondamentali intrinseci e al rialzo dei tassi concretizzatosi ieri. Dopo quasi un decennio, la Federal Reserve ieri ha effettuato il primo rialzo dei tassi. Il mercato ha testato nuovi minimi in prossimità dei minimi dal 2008. A parte il rialzo dei tassi, i dati sulle scorte diffusi ieri dal DoE sono stati totalmente negativi per il greggio.
Analizzando attentamente i dati, possiamo vedere che la scorsa settimana l’accumulo di scorte di greggio è stato il più pesante da sette settimane e le riserve hanno di nuovo raggiunto i massimi in 80 anni toccati nel mese di aprile 2015. Le scorte a Cushing registrano un incremento per la sesta settimana consecutiva, di nuovo ai livelli di maggio. Le scorte di benzina e distillati sono salite rispettivamente per la 5° e la 4° settimana consecutiva. I prezzi della benzina sono diminuiti a causa dei fondamentali di mercato e dei livelli di scorte.