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La Luna in vendita: registro blockchain la garanzia

Da:
Fabio Carbone
Aggiornato: Jul 21, 2019, 08:03 UTC

La Luna in vendita, il Blockchain Moon Registration farà da garanzia. Ma davvero è possibile impossessarsi di un pezzo della Luna?

Luna

A festeggiare i 50 anni dallo sbarco sulla Luna di Neil Armstrong e “Buzz” Aldrin, ci pensa anche l’industria blockchain con una trovata che non può che suonare come promozionale e goliardica.

La startup Diana lancia il Blockchain Lunar Registry, un registro pubblico catastale che divide la Luna in 3.874.204.892 celle, registrate su blockchain. Ciascuna cella a forma esagonale ha le dimensioni di 9.790 metri quadrati, sufficienti per poterci vivere abbastanza “agiatamente” ed avere il vicino più vicino a una debita distanza dalla nostra vita privata.

Diana ha suddiviso solo la parte illuminata della Luna, quella che ammiriamo tutte le notti, come noto l’altro lato della Luna non è illuminato e date le caratteristiche morfologiche non permetterebbe l’installazione di attività umane (è piena zeppa di crateri, più del lato illuminato).

Il sistema è proof of stake ed è alimentato da due token: dia e mond.

Il Blockchain Moon Registration, (che è addirittura un marchio registrato), ha l’obiettivo di garantire a ciascuno che quella cella è sua in modo “immutabile” e soprattutto di certificarne il possesso.

Obiettivo della piattaforma è condividere il possesso della Luna con tutta l’umanità, e togliere il monopolio dalle mani di specifiche nazioni od organizzazioni private. Quindi Diana intende, come si apprende dal sito web www.diana.io, fare una privatizzazione collettiva della Luna a favore dell’umanità, per lo sviluppo pacifico della Luna senza guerre, conflitti o monopolizzazione.

Questa mission cozza con quanto si legge più in basso nel sito web del progetto, perché in realtà è una vera e propria privatizzazione della Luna, una “corsa all’acquisto” di una cella lunare con tanto di commissioni variabili.

Totò e la fontana di Trevi: L’Outer Space Treaty

Chi conosce il film Totòtruffa ‘62, ricorda bene la scena in cui Totò tenta di vendere la Fontana di Trevi ai turisti, allo scopo di fare guadagni immediati a scapito di poveri creduloni.

Ebbene in parte il tentativo di Diana sembra ricalcare la scena di quel film, perché?

Perché dal 19 dicembre 1966 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato con la risoluzione 2222 (XXI) l’Outer Space Treaty, con cui si dichiara che:

“lo spazio esterno (oltre la Terra, ndr) deve essere libero per l’esplorazione e l’uso da parte di tutti gli Stati”.

Nello specifico, l’articolo uno del “Trattato sui principi che governano le attività degli Stati nell’esplorazione e nell’uso dello spazio esterno, inclusi la Luna e latri corpi celesti”, recita come segue:

“Lo spazio esterno, compresa la Luna e gli altri corpi celesti, sarà libero per l’esplorazione e l’uso da parte di tutti gli Stati senza discriminazioni di alcun tipo, sulla base dell’uguaglianza e in conformità con il diritto internazionale, e ci sarà libero accesso a tutte le aree celesti e corpi”.

In parole povere, lo Spazio e i corpi celesti sono patrimonio dell’umanità tutta e nessuno può pensare di privatizzare alcun corpo celeste, sia esso un asteroide, un pianeta o la Luna.

Naturalmente, per chi ci crede negli extra terrestri, questa definizione non tiene conto di eventuali civiltà aliene, ma, semmai dovessimo un giorno incontrare dei simili che vivono su un altro pianeta, ci porremo il problema di modificare il Trattato.

La Luna è di tutti, possiamo stare tranquilli, neppure l’immutabilità di una informazione registrata su una blockchain potrà mai toglierci questo diritto, è cosi da prima che l’uomo sbarcasse sulla Luna.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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