I primi sette mesi del 2015 hanno conosciuto una dimensione interlocutoria non indifferente, osservando e alimentando una situazione ossimorica che ha
I primi sette mesi del 2015 hanno conosciuto una dimensione interlocutoria non indifferente, osservando e alimentando una situazione ossimorica che ha spesso unito trend positivi e negativi, momenti di successo e di insuccesso, realtà economiche in crescita salvo poi soffrire fardelli antecedenti la flessione, occupazione in crescita ma di percentuali risibili: il tutto mentre una consorella europea di interlocutoria ha solamente e probabilmente la nuova governance, dal momento che il buco nero ellenico sta per silurare la classe politica che ha provato (termine discutibile) a chiuderlo.
È opportuno partire proprio dalla Grecia per tracciare un filo che delinei in maniera esauriente il quadro economico-finanziario del Bel Paese.
A questo riguardo, giova prendere le mosse da quanto affermato dal Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, a margine dell’assemblea degli industriali di Brescia, tenutasi in loco il 30 giugno:”La Grecia è il paradigma perfetto dei limiti attuali. Affrontata al suo emergere la crisi ellenica sarebbe stata facilmente risolta. Oggi si è gonfiata di inaffidabilità, da un lato, e di rigidità, dall’altro, in una miscela che ha una sola certezza: il default greco sicuramente non aiuterebbe il rilancio dell’economia europea e la timida ripartenza italiana”.
Parole e, ancor di più, concetti che pesano, sia per profondità che per semplicità, in quanto è elementare comprendere e considerare come all’origine di ogni grande problema ci sia un modo per risolverlo o attenuarlo, senza che questo assuma portata critica se non catastrofica; la prevenzione di misure che anticipino il processo che sviluppa il carattere macro del dilemma, partendo dal micro, è una grande incognita su cui riflettere, specie considerando che dovrebbe essere un assioma da seguire.
La situazione Greca né è l’esempio: non era forse evitabile una contingenza di incontro ma più che altro scontro tra la Nazione culla della civiltà e l’Unione di Stati che comunque anche da questa hanno attinto cultura, tradizione, valori, ma a anche turismo, speculazioni e chi più ne ha più ne metta, per secoli e secoli?
Prescindendo da questioni morali, quello che rileva è che la Grecia deve costituire un esempio da non seguire per tutti, in una vicenda che sicuramente segnerà il corso della Storia moderna, soprattutto dal punto di vista finanziario.
E mentre da alcune parti sorgono discutibili allarmismi, da chi come Romano Prodi, si cimenta in paragoni dalla grandezza sconfinata: “Anche la Prima guerra mondiale scoppiò per un piccolo incidente. Ma voglio sperare che Atene non sia la nostra Sarajevo”; è opportuno segnalare che, secondo il think tank Bruegel, le banche italiane sono esposte sul debito ellenico “solamente” di 800 milioni di euro, proprio per la rigidità del sistema bancario nostrano e la tradizionale scelta a non esporsi a situazioni dalle elevate probabilità di pericolo (come per la crisi dei subprime, tra l’altro).
In sostanza, prima di preoccuparsi delle conseguenze dell’ipotetico default greco (che in ogni caso non sono da sottovalutare), è bene guardare in casa propria e individuare i punti di forza da cui partire e ripartire.
Ancora una volta, risulta utile riportare il pensiero del Presidente di Confindustria Squinzi, che in un ulteriore intervento bresciano ha tuonato con fermezza:” Dalla crisi si uscirà solo grazie a noi, solo grazie alle imprese. Non si uscirà certo per qualche miracoloso intervento pubblico, per altro difficile viste le condizioni della finanza pubblica e le regole comunitarie, e nemmeno per il gran parlare di riforme, ma solo se si verificheranno due condizioni: che le imprese recuperino competitività e siano nelle condizioni di progettare investimenti di medio e lungo periodo che andranno a generare occupazione duratura e che crescano imprese sempre migliori e più efficienti. Su questo sento ancora silenzio da parte dei sindacati”.
Il n.1 di Viale dell’Astronomia ha ragione, il mondo imprenditoriale è l’unico in grado di porsi come realtà consolidata e traino per l’economia; è anche vero che le imprese non possono essere considerate come panacea di tutti i mali, soprattutto alla luce del fatto che anche queste soffrono in maniera profonda il credit crunch e che dovrebbero vedere adesso i primi risultati delle varie iniezioni di liquidità made in BCE.
Se è possibile sorridere perché nel primo trimestre del 2015 il tasso d’investimento delle famiglie (rapporto tra investimenti fissi lordi, perlopiù acquisti di immobili e reddito disponibile lordo) è stato pari al 6%, facendo quindi registrare stabilità di crescita su base congiunturale (nonostante una flessione di 0,1 punti percentuali), è da notare come anche il potere d’acquisto familiare, salito allo 0,6% sul trimestre precedente e allo 0,8% su base annua, costituisce comunque una crescita esigua, fotografando un Paese in stallo, più che in progresso.
E se per concludere, si aggiunge anche il recente responso della Corte dei Conti relativo al sistema impositivo italiano, il cui diktat recita:”Pressione fiscale intollerabile, meno intervento pubblico nei servizi”, il quadro della disorganizzazione e della necessità d’intervento immediato, diventa completo.
Non ci sono altri termini per descrivere il Bel Paese alla data attuale: interlocutorio. Interlocutorio è il trend dell’occupazione registrato in questi mesi, interlocutoria è la crescita delle PMI, interlocutorie sono molte delle scelte operate e ancora da operare affinché l’Italia si appropri del ruolo di leader che aveva prima, o almeno così si è sempre pensato.
Solo il tempo potrà giudicare il risultato di programmi in essere e in divenire.
Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.