Ieri i mercati delle valute sono stati protagonisti di una vera e propria inversione a U dopo la loro reazione all’ultima decisione Fomc e alla conferenza
Stamattina il dollaro Usa è negoziato a 99,27 dopo esser caduto al di sotto del livello di prezzo 97 per via della dichiarazione post-riunione Fed. Ieri il biglietto verde ha realizzato una vera e propria inversione di tendenza per chiudere la giornata a 99,45: in ribasso se si considera il massimo realizzato prima della riunione dell’istituto centrale; praticamente piatto se invece si guarda al livello cui si attestava a qualche istante dalla pubblicazione. L’euro si è mosso di conserva, riuscendo a portarsi al di sopra di quota 1,10 in tarda serata di mercoledì (sfruttando la flessione del dollaro) prima di chiudere gli scambi del giovedì a 1,0657 e tornare al livello cui si attestava prima della riunione Fed. Stamane la divisa comune viaggia in rialzo di 22 punti a 1,0679. Secondo Mizuho Bank Ltd, l’euro dovrebbe essere prossimo al rimbalzo poiché, negli ultimi tempi, si è deprezzato troppo rapidamente (tanto da toccare il minimo degli ultimi 12 anni), soprattutto se si considerano i fondamentali della regione, che comprendono uno dei surplus delle partite correnti più alto al mondo. La valuta dei 19 paesi membri dell’Eurozona ha toccato quota 1,0458 dollari lo scorso 16 marzo, il minimo dal gennaio 2003, nel frangente in cui le strategie monetarie del blocco monetario divergono sempre più marcatamente da quelle statunitensi. Lo scorso 9 marzo la Bce ha infatti lanciato un vasto programma di acquisto asset che include titoli sovrani sul mercato secondario. Oggi, frattanto, il governo di Atene ha promesso di velocizzare il ritmo delle riforme richieste per beneficiare del piano di aiuti internazionali, nonché inviare ai partner europei una proposta dettagliata contenente le misure da attuare per rimettere in moto la propria economia già nei prossimi giorni. È quanto sostiene il cancelliere tedesco Angela Merkel.
Ieri la gran parte delle 11 divise asiatiche più negoziate si è mossa in rialzo. Il Bloomberg Dollar Spot Index, che tiene conto delle oscillazioni del biglietto verde contro le sue 10 controparti valutarie, è caduto mercoledì al minimo degli ultimi 6 anni dopo che la Fed ha ventilato, per la prima volta nell’ultima decade, la possibilità di intervenire al rialzo sui tassi d’interessi statunitensi. L’istituto centrale ha infatti dismesso la parola “pazientare” nell’ambito del programma di normalizzazione monetario, ribassando inoltre le sue previsioni di crescita dei prezzi e dell’economia.
Hong Seok Chan, analista valutario del Daishin Economy Research Institute di base a Seul, ha detto che “le scommesse di quanti puntano sui guadagni del dollaro si sono ridotte bruscamente a fronte del moderato rialzo delle aspettative sui tassi d’interesse Usa”. Stamattina le divise asiatiche si muovono in territorio positivo: l’Aussie ha guadagnato 23 punti dopo le ultime parole del governatore centrale Glenn Stevens; il Kiwi invece 16 punti, portandosi a 0,7432 nello stesso frangente in cui il dollaro Usa cedeva 18 punti.
La banconota verde si è mossa lievemente in rialzo pur rimanendo all’intorno di quota 120 yen nel corso della sessione asiatica di Tokyo dopo esser riuscita a riprendersi dal calo dovuto al diffondersi di una certa incertezza sul momento in cui avrà effettivamente luogo l’intervento sui tassi Usa. La Banca del Giappone ha affermato che i prezzi al consumo e la crescita dei salari reali potrebbero vivere una flessione per via del brusco calo dei prezzi del petrolio. È quanto si evince dai verbali dell’istituto riferiti alla riunione di politica monetaria del 17-18 febbraio.
Un membro del board nipponico ha spiegato che le autorità monetarie del paese temono di non riuscir a raggiungere il target inflattivo fissato al 2% durante l’anno fiscale corrente, nonostante il miglioramento del quadro economico. Lo stesso funzionario ha aggiunto che bisognerà valutare a fondo gli effetti del ritmo con cui l’istituto centrale sta acquistando titoli pubblici al fine di sostenere l’allentamento economico.