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L’euro vince la gara delle valute

Da
Barry Norman
Aggiornato: Mar 25, 2015, 15:05 GMT+00:00

Ieri l’euro ha rotto brevemente al rialzo la soglia degli 1,10 dollari prima di tornare al livello a 1,09 poiché la lettura robusta dell’indice PMI

L’euro vince la gara delle valute

L’euro vince la gara delle valute
Ieri l’euro ha rotto brevemente al rialzo la soglia degli 1,10 dollari prima di tornare al livello a 1,09 poiché la lettura robusta dell’indice PMI europeo potrebbe aver sanzionato l’avvio della ripresa di Eurolandia. Nel corso della sessione statunitense di ieri, buoni dati economici Usa hanno ridato slancio alle quotazioni del dollaro che è stata infatti capace di annullare i progressi dell’euro. La divisa comune viaggia ora a 1,0936 mentre il biglietto verde si attesta a 97,29.

Dopo aver realizzato la sua migliore performance delle ultime 3 settimane (dovuta al taglio delle proiezioni Fed su tassi futuri, inflazione ed espansione economica), l’euro è tornato a crescere beneficiando delle parole di alcune autorità monetarie. Lunedì, il vice-presidente Fed Stanley Fischer disse che i tassi d’interesse non seguiranno alcun “percorso rialzista armonioso”. Durante la stessa giornata, il presidente Bce Mario Draghi spiegò al Parlamento Europeo come la crescita dell’Eurozona stesse prendendo slancio grazie al programma di acquisto titoli del suo istituto.

Martedì si è rivelato un giorno particolarmente felice per l’economia Usa, tanto da ingenerare nuova confusione sul momento in cui la Fed finirà per intervenire sui tassi. La crescita del settore abitativo e del tasso d’inflazione hanno permesso al dollaro di innescare un piccolo rally. A febbraio i prezzi al consumo sono aumentati del +0,2% mentre l’indice core – che esclude alimenti ed energia – si è mosso anch’esso del +0,2%. Entrambe le letture sono in linea con le previsioni. I prezzi delle abitazioni sono invece cresciuti del +0,3% nel corso di gennaio, per un incremento pari al +5,1% su base annua. Sempre su base annua, a febbraio le vendite di nuove abitazioni sono aumentate del +7,8% a 539 mila nuove unità, migliorando così il dato atteso di +465 mila abitazioni. La lettura flash dell’indice di attività manifatturiera è lievitata a marzo al 55,3 dal 55,1, mentre l’indice della Fed di Richmond si ribassava da 0 a -8.

Oggi le attenzioni saranno sui rapporti di attività economica provenienti dalla Germania, incluso il tanto seguito indice Ifo. Nel corso della sessione statunitense il focus sarà invece per i dati sugli ordinativi di beni durevoli, che potrebbero portare a una certa volatilità di mercato. I trader britannici avranno nel mirino le richieste di mutui BBA; stamane la sterlina è frattanto negoziata a 1,4873.

Per quanto riguarda il fronte asiatico, le divise legate al prezzo delle materie prime viaggiano in territorio positivo grazie al deprezzamento del dollaro. L’Aussie ha appena raggiunto il massimo degli ultimi mesi a 0,7886 dopo che il Financial Stability Review della Rba si è rivelato complessivamente positivo. Poco più in là, il dollaro neozelandese è stato in grado di difendersi con successo contro la banconota verde nonostante il fatto che la bilancia commerciale della Nuova Zelanda abbia appena mancato le attese. Il Kiwi viaggia così a 0,7655, in rialzo di 1 punto. A febbraio la Nuova Zelanda ha registrato un surplus commerciale inferiore alle attese, dovuto al calo dell’export dei prodotti alimentari; su base annua la bilancia è invece in deficit, con un saldo che è il peggiore degli ultimi 5 anni. L’ufficio di Statistica neozelandese ha comunicato che il surplus commerciale di febbraio si attesta a 50 milioni di dollari contro i 392 milioni attesi dagli economisti intervistati da Reuters; il surplus di gennaio è stato rivisto al ribasso a 33 milioni dai precedenti 56. A febbraio le esportazioni verso la Cina, primo partner commerciale di Wellington, sono cadute a 740 milioni di dollari (-36%) per via del tracollo del latte in polvere. Si è ridotto anche l’export verso l’Australia (-8,1%) per portarsi a 661 milioni, questa volta a causa del calo dei prezzi petroliferi. Le esportazioni verso gli Stati Uniti sono invece cresciute (+26%) fino a toccare i 486 milioni di dollari, trainate dall’export di carne. Lo yen giapponese si mantiene al di sotto del livello di prezzo a 120 in una sessione che sarà povera di dati economici provenienti dal Giappone: la divisa di Tokyo sta così rispondendo alle mosse del dollaro. Il JPY viaggia al momento a 119,62.

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