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La svalutazione cinese si riflette sulle valute asiatiche

Da:
Barry Norman
Pubblicato: Aug 12, 2015, 20:00 UTC

Nella mattinata di lunedì, le valute asiatiche si sono mosse in ribasso, molte raggiungendo il loro minimo annuale. Questa volta, la caduta non è dipesa

La svalutazione cinese si riflette sulle valute asiatiche

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Nella mattinata di lunedì, le valute asiatiche si sono mosse in ribasso, molte raggiungendo il loro minimo annuale. Questa volta, la caduta non è dipesa dalla forza del dollaro che, nella mattinata di oggi, viene, infatti, negoziato in ribasso a quota 97,17, perdendo 6 punti, con gli investitori che si chiedono quali effetti la svalutazione cinese possa avere sulla decisione della Fed per l’innalzamento del tasso di interesse. Nella giornata di ieri, il dollaro aveva guadagnato lo 0,2% grazie alla sorprendente mossa attuata dalle autorità cinesi con una svalutazione dello yuan di circa il 2%. La decisione ha innervosito i mercati asiatici, accrescendo la domanda di dollari, considerati una valuta sicura.

Tuttavia, dagli Stati Uniti giungono dati economici misti che mostrano un aumento dei costi unitari del lavoro superiore alle aspettative insieme ai risultati deludenti della produttività dei settori non agricoli, inferiore alle previsioni. Entrambi i fattori hanno esercitato pressione sul dollaro.

La svalutazione del 2% dello yuan, attuata dalla Cina nella giornata di martedì, ha spinto il dollaro in rialzo e ha colpito Wall Street e atri mercati azionari globali, aumentando i timori di un nuovo ciclo di guerre valutarie e la preoccupazione della Fed per il rallentamento della crescita dell’economia cinese. Negli Stati Uniti, gli indici azionari hanno perso più dell’1% e in ribasso si sono mosse anche le borse asiatiche ed europee, con gli investitori che riflettevano sulle conseguenze di una mossa intesa a sostenere un’economia cinese in rallentamento e le sue esportazioni. La decisione della Cina, che la banca centrale ha descritto come “deprezzamento una tantum”, basata su un nuovo modo di gestire il tasso di cambio che meglio rifletta le forze di mercato, ha provocato il più grave crollo dello yuan dal 1994, spingendo la valuta cinese al suo minimo contro il dollaro di quasi tre anni.

Dando un segnale potenzialmente preoccupante, lo yuan offshore, uno strumento più liquido che viene negoziato alla Borsa di Hong Kong, ha subito un ribasso del 2,9%, superando la caduta dello yuan onshore. Ciò suggerisce la possibilità di maggiori perdite per la valuta onshore, dato che lo yuan negoziato a Hong Kong tende ad anticipare le mosse del suo equivalente onshore.

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La Cina ha iniziato a svalutare lo yuan contro il dollaro nella giornata di martedì, attuando un deprezzamento dell’1,9% contro la valuta Usa, in tal modo segnando  il maggiore ribasso mai registrato. La Banca Popolare Cinese ha definito questa decisione come “mossa una tantum”.

Nella giornata di martedì, il dollaro australiano è sceso dal massimo intragiornaliero di quota 0,7436 a quota 0,7317, toccando quota 0,7285 nella notte. Nella mattinata di oggi, l’Aussie aveva perso 51 punti, raggiungendo quota 0,7253, il minimo degli ultimi anni. Il prezzo delle materie prime è in dollari, cosicché  le importazioni di queste risorse non sono più care per la Cina. Dato che questa svalutazione potrebbe pesare ancora di più su un mercato del minerale di ferro che già stenta a riprendersi, l’Aussie potrebbe subire una forte pressione nel breve periodo. Il NZD ha seguito il ribasso dell’Aussie, venendo negoziato a quota 0,6505 con una perdita di 30 punti.

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Nella mattinata di oggi, lo yen si è mosso in ribasso, perdendo 6 punti contro il dollaro per venire negoziato a quota 125,19. Lo yen viene cambiato con  l’euro a quota 138,46, registrando un guadagno di 30 punti. Soltanto pochi giorni dopo che il governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda, aveva considerato il recente rallentamento dell’economia come un’incidente di breve durata, il Giappone sta mostrando nuovi segnali delle sue condizioni problematiche.

In Giappone, a luglio, la fiducia dei consumatori ha perso 1,4 punti, scendendo al 40,3 dal mese precedente, ossia segnando il più grave calo semestrale, secondo i dati pubblicati dal governo nella giornata di lunedì. I consumatori sono diventati più pessimisti riguardo ai redditi, all’occupazione e al prezzo delle attività, contrariamente a quanto detto da Kuroda nella giornata di venerdì, affermando che i consumi stavano per rimbalzare grazie al “continuo miglioramento” della fiducia delle famiglie.

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