Pubblicita'
Pubblicita'

La particolare caccia alle streghe di Bruxelles

Da
Lorenzo Cuzzani
Aggiornato: Apr 9, 2015, 21:36 GMT+00:00

Caccia alle streghe. Si, un terminologia forte, artificiosa e assurda se utilizzata in sede finanziaria. Sembrerebbe una forma non pertinente

La particolare caccia alle streghe di Bruxelles

Caccia alle streghe. Si, un terminologia forte, artificiosa e assurda se utilizzata in sede finanziaria.
Sembrerebbe una forma non pertinente all’argomento, anzi dai toni impertinenti, ma dà l’impressione di essere il modo più adeguato per definire le recenti richieste dell’UE al Governo Italiano.

Da Bruxelles è arrivata una istanza di informazioni relativamente alle imposte differite attive (DTA- Deferred Tax Asset), che concretamente sono gli importi sulle imposte di reddito recuperabili negli esercizi futuri, riferibili sia a differenze temporanee deducibili, sia al riporto a nuovo di perdite fiscali non utilizzate e sia al caso in cui il riporto a nuovo di crediti d’imposta non utilizzati costituisca attività fiscale.

La richiesta in questione, giunta sotto forma di lettera amministrativa, ha interessato anche la Spagna, il Portogallo e la Grecia, con l’intento di valutare e quindi scoprire se il trattamento delle imposte anticipate da parte dei rispettivi governi possa costituire un più o meno velato aiuto di Stato. Con la conseguenza della possibile illegalità e di una sanzione qualora tale situazione venisse ravvisata.

Nonostante si tratti di una valutazione informale da parte dell’UE, risolvendosi in un mero scambio di informazioni tra i vari governi e Bruxelles, non è escluso che si passi ad una notifica ufficiale e, come già spiegato sopra, ad una sanzione.
L’intera questione desta sorpresa e sbigottimento sia nel Governo che nel mondo bancario italiano, proprio per la stranezza di un simile controllo.

Dalla Banca d’Italia filtra stupore ma anche ottimismo perché c’è piena consapevolezza che il conteggio nel capitale di vigilanza delle DTA sia conforme alla normativa europea e agli specifici standard di Basilea, i quali permettono la computabilità patrimoniale solo in concomitanza di condizioni stringenti.

Perplessità in tal senso arrivano anche dall’ABI, la quale esprime “totale sorpresa” in merito alla richiesta comunitaria e affida la sua posizione al suo direttore generale, Giovanni Sabatini, il quale così statuisce: ”L’intervento del legislatore italiano è stato necessario per evitare una doppia penalizzazione delle banche italiane, la prima sotto il profilo fiscale e la seconda sotto il profilo dei requisiti patrimoniali; appare quantomeno bizzarro che una norma che contribuisce a ristabilire un terreno di gioco livellato tra le banche europee possa essere invece interpretata alla rovescia come un aiuto di Stato”.

Sabatini si riferisce alla odierna situazione italiana, in cui l’ammontare massivo delle imposte differite è dovuto alla disciplina delle perdite sui crediti, che consente alle banche di dedurre fiscalmente le svalutazioni nel periodo di cinque anni, creando nei bilanci imposte differite attive, esattamente l’opposto di quanto succeda negli altri Paesi europei, in cui tale fenomeno avviene in un solo anno. Appare palese lo svantaggio in cui versi un tale sistema, la cui dimensione ridondante aggravi e si aggravi in un circolo vizioso che è la recessione.
Per essere chiari, bisogna dire che in misura minore, le imposte differite dipendono dall’affrancamento dell’avviamento, deducibile in più anni a fronte di un pagamento immediato forfettario.

Anche precedentemente queste poste erano finite sotto osservazione ai fini della valutazione nel patrimonio nelle banche. Per questo motivo, il governo ha consentito di tradurre in credito d’imposta le imposte anticipate in caso di perdita di esercizio, così gli attivi sarebbero diventati sempre certi e disponibili, quindi computabili nel capitale common equity secondo Basilea 3. Le DTA oggi non sono dedotte dal capitale ai fini prudenziali e sono incluse tra le attività ponderate per il rischio con un peso pari al 100%.

Stante l’attuale situazione nazionale e riflettendo sulla considerevole sperequazione gestoria nel confronto con altri paesi (ad esempio la Germania), i quali a differenza del Bel Paese hanno elargito un rilevante sostegno pubblico agli istituti finanziari nella fase antecedente l’inasprimento della regolamentazione comunitaria sugli aiuti di Stato, emerge come il controllo in questione sembri più un puntare il dito contro i soliti ultimi della classe, quasi a gettare discredito su realtà nazionali meno floride, approfittandosi di tali situazioni contingenti.

Il quadro globale acquista un senso se si osserva la motivazione fornita dall’UE sul perché di questa lettera amministrativa richiedente informazioni, il cui motore è da ricercare in “diversi stakeholder, tra i quali alcuni parlamentari europei”.

In molti, tra i banchieri italiani, hanno interpretato questa richiesta non formale (per ora) come un un tentativo di alcuni Paesi di condizionare gli istituti di altri Stati attraverso gli organi comunitari, in assenza di strumenti legati alla normativa bancaria utilizzabili all’interno della BCE.

È vero che a pensar male si commette peccato, ma è anche vero che spesso ci si indovina.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

Pubblicita'