La decisione presa dall'Opec lo scorso venerdì ha effetti di ampia portata che non potevano essere previsti dai mercati globali. Molti trader speravano in
Molti vedono la guerra contro i produttori di scisto statunitensi come una costrizione che li obblighi a diventare produttori più efficienti di energia. La produzione di scisto negli Stati Uniti è uno dei modi più costosi per estrarre il greggio, tuttavia, nel corso dell’ultimo anno i produttori statunitensi hanno continuato ad abbattere i costi e le spese generali per mantenere stabili i livelli di produzione.
Lunedì il greggio posta i minimi degli ultimi sette anni testando i 37,60$ prima di recuperare 12 centesimi nella sessione di martedì. Il Brent é scambiato a 41.00$. Detto questo, ci sembra opportuno ricordare come, lo scorso venerdì il greggio WTI abbia postato un calo del 2,7% mentre il Brent ha perso l’1,9% dopo che l’Opec, durante la riunione tenutasi a Vienna, ha accettato di mantenere il tetto che rispecchia “l’attuale produzione effettiva” nonostante la costante lotta del mercato contro un significativo eccesso dell’offerta.
Purtroppo, la riunione ribadisce solamente che l’Opec continua a sostenere la quota di mercato, pertanto, la decisione sarà, probabilmente, quella di mantenere un tetto sui prezzi del greggio poiché l’eccesso dell’offerta intacca il rapporto tra domanda e offerta… continueremo ad assistere ad un surplus delle scorte, poiché la domanda non sarà in grado di assorbire l’offerta.
A tale proposito, ci sembra opportuno ricordare come il tetto precedentemente fissato dall’Opec si attestava su quota 30 milioni di barili giornalieri, tuttavia, stando alle stime di mercato, i membri hanno prodotto 31,5 milioni di barili giornalieri. Secondo gli analisti, la decisione legittima essenzialmente la sovrapproduzione del cartello proiettando le aziende energetiche asiatiche verso un ribasso, in linea con le loro controparti statunitensi ed europee. La mossa prende piede dopo la decisione Opec di mantenere gli attuali livelli di produzione, oscurando così la possibilità di assistere ad una ripresa del greggio.
L’ulteriore ribasso delle importazioni e delle esportazioni cinesi ha incrementato il panico sui mercati regionali, rafforzando così le preoccupazioni sullo stato dell’economia mondiale. Contemporaneamente Washington potrebbe innalzare i tassi d’interesse. Lo scorso anno, l’eccesso dell’offerta globale, la debolezza della domanda e il rallentamento della crescita cinese si sono uniti all’elevata produzione di greggio innescando così il calo di oltre il 60% registrato dal combustibile negli ultimi 18 mesi.
Gli investitori speravano che con un mercato sempre più ristretto, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio avrebbe trovato un modo per ridurre la produzione e rilasciare una certa pressione sui prezzi.
La ExxonMobil, la Total, società francese, e l’Eni, società italiana, perdono tutte tra il 2% e il 3%, i produttori più piccoli soffrono di un ribasso maggiore. Le imprese asiatiche ampliano le proprie perdite poiché il greggio non riesce a guadagnare terreno. Il gigante cinese CNOOC quotato sulla borsa di Hong Kong posta un calo superiore al 3%, mentre la PetroChina perde l’1,4% sulla borsa di Shanghai.