L'European Systemic Risk Board (ESRB), l'agenzia che nell'ambito del nuovo sistema europeo di vigilanza finanziaria si occupa in particolare della
L’European Systemic Risk Board (ESRB), l’agenzia che nell’ambito del nuovo sistema europeo di
vigilanza finanziaria si occupa in particolare della vigilanza macro-prudenziale, solleva una delicata e potenzialmente esplosiva questione, in seno all’Unione Europea, ma con ripercussioni non indifferenti sull’Italia.
Secondo lo spunto fornito dal report del Comitato Europeo, nell’Unione si discute sulla possibilità di rivedere il sistema dei Titoli di Stato e dei loro finanziamenti verso le amministrazioni pubbliche, rimodulando al ribasso tale meccanismo.
È opportuno andare con ordine.
Recentemente, la presidentessa del Consiglio di Vigilanza del Meccanismo Unico di Vigilanza della BCE, Danièle Nouy, intervistata dal quotidiano finanziario tedesco “Handelsblatt”, ha ripreso un’argomentazione avanzata più volte dalla Bundesbank, pensata e sostenuta dall’omonimo governatore, Jens Weidmann.
Nouy, dalla sua preminente posizione di capo dell’organo di controllo dei bilanci delle maggiori banche europee, tra cui 15 italiane, sostiene la necessità di evitare che gli istituti concentrino eccessivamente i loro impieghi verso un unico debitore, ammonendo sull’arbitrarietà che una banca conceda prestiti a un singolo cliente per un ammontare superiore a un quarto del suo capitale.
Secondo la Presidentessa, questo dovrebbe valere anche per i Titoli di Stato.
La materia acquista attualità soprattutto in virtù del caso della Grecia, nella quale gli istituti sono diventati gli unici creditori privati dello stato e concretamente sono i detentori della stabilità finanziaria ellenica; dall’altra parte della medaglia, vi è il problema della copiosa crisi di liquidità, il cui espandersi potrebbe generare un enorme crac, nel caso in cui il governo di Atene dichiarasse il default.
Venendo all’Italia e prendendo le mosse dalle stime Citigroup, per le quali le banche tricolore detengono titoli di stato per il 175% del loro capitale, quindi 9 volte di più di quanto auspicato dalla Nouy, appare palese il rapporto “malsano” di detti istituti con il debito sovrano; particolare che accresce la propria dimensione di iniquità se si guarda ai dati di gennaio 2015, nei quali si ritrova un aumento di 16 miliardi mensili di esposizione a BOT e BTP, portando il progresso espositivo annuale verso detti titoli a 416 miliardi di euro, pari al 4%.
Fotografata l’attuale situazione italiana, è bene osservare nel dettaglio la proposta del governatore Weidmann, foglio tecnico arrivato sulle scrivanie di Francoforte e di Bruxelles.
Il n.1 di Bundesbank propone di limitare gli acquisti da parte delle banche di bond pubblici dello stesso emittente e di porre fine alla loro valutazione ”risk-free”, che le incentivi a preferire questi titoli ad altri investimenti, in quanto i loro acquisti non devono essere coperti da capitale a garanzia.
La criticità cui allude Weidmann, ravvisata in una sperequazione decisoria evidente, sottolinea la persistente consuetudine bancaria italiana alla compravendita di titoli statali a danno di investimenti verso imprese o di sostentamento verso consumi familiari: la prima, conveniente, perché a rischio zero per la Banca Centrale Europea, i secondi dai contorni più stringenti in quanto appesantiti dalla necessità di essere garantiti col capitale in proporzione al grado di rischio.
Fondata su una ratio legittima, per non dire più semplicemente ragionevole, è bene considerare che una rimodulazione sistemica in tal senso costringerebbe le banche ad accantonare nel tempo una quota più o meno minima di capitale per i titoli di stato nel proprio portfolio, portandole a vendere le quantità in eccedenza, inaugurando un’uscita di bond governativi alquanto rischiosa per il Bel Paese, specie considerando come quasi un quarto del debito pubblico italiano sia concentrato negli istituti nazionali.
Esigenze di ottimizzazione finanziaria si scontrano con contingenze nazionali difficili da bypassare. L’Europa valuta, ma se tutto questo fosse una mossa politica per mettere le mani sul debito pubblico italiano?
Quel che emerge chiaramente è che rimodulare comunitariamente il sistema permetterebbe a diversi soggetti di alimentare e allungare la longa manus speculatoria sempre incombente sul Bel Paese.
Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.