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In Asia, i trader del Forex hanno a che fare con una pletora di dati economici

Da:
Barry Norman
Pubblicato: Feb 29, 2016, 10:35 GMT+00:00

Il G20 si è concluso nel fine settimana e l’argomento forse più dibattuto e controverso ha riguardato la svalutazione delle valute e la politica

In Asia, i trader del Forex hanno a che fare con una pletora di dati economici

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Il G20 si è concluso nel fine settimana e l’argomento forse più dibattuto e controverso ha riguardato la svalutazione delle valute e la politica monetaria. Dal Wall Street Journal si apprende che la Cina ha reso noto durante il vertice che adotterà nuove misure volte a far riguadagnare fiducia ai trader, senza implicare significative svalutazioni dello yuan. Convincere gli investitori della veridicità di queste affermazioni potrebbe essere un compito ben più arduo. Il primo ministro cinese Li Keqiang e il presidente della banca centrale Zhou Xiaochuan hanno lavorato duramente per dissipare le preoccupazioni dei ministri delle finanze e dei dirigenti delle banche centrali in visita del G20 relativamente al fatto che la nuova strategia economica sia volta a risollevare un tasso di cambio dello yuan già deprezzato.

Lo yuan ha guadagnato lo 0,44% rispetto al dollaro nel mese di febbrai, portandosi così a quota 6,5481, mentre le prospettive di un rialzo del tasso di interesse degli Stati Uniti si sono affievolite dopo un ribasso dell’1,3% nello scorso mese. Il tasso fisso è stato tagliato dello 0,2% la scorsa settimana e di un altro 0,17% nella giornata di lunedì per attestarsi a quota 6,5452, con il dollaro che si è mosso in rialzo. Il tasso spot non può variare di più del 2% rispetto al valore fissato.

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Nella mattinata di lunedì, la coppia USD/CNY è rimasta invariata a quota 6,5404, con i trader che attendono la pubblicazione dei dati sugli indici dei direttori degli acquisti per il settore manifatturiero e dei servizi cinesi previsti per questa settimana. Gli altri mercati asiatici mostrano un andamento altalenante, per via dei dati economici provenienti da Giappone, Australia e Nuova Zelanda.

Il dollaro neozelandese ha perso 57 punti, portandosi a quota 0,6576, dopo che le statistiche dell’Anz sull’attività delle imprese nel mese di febbraio hanno mostrato come un 7% degli intervistati si ritenga fiducioso relativamente alle prospettive di crescita per il prossimi 12 mesi. Un dato ben diverso rispetto a quello registrato a dicembre, quando la fiducia aveva raggiunto la soglia del 23%, ovvero un record non registrato da ben 8 mesi.

Il dollaro australiano ha perso qualche punto per essere negoziato a quota 0,7123, rimanendo quindi all’interno della sua attuale gamma di oscillazione. Se comparati con lo stesso periodo dell’anno precedente, i margini operativi lordi delle imprese australiane hanno perso il 2,8% nel quarto trimestre del 2015. L’ufficio per le statistiche australiano ha anche reso noto nella giornata di lunedì che i profitti delle imprese sono diminuiti del 2,3% rispetto all’anno precedente. Infine, sempre stando all’Abs, il valore delle scorte detenute dalle imprese australiane è sceso dello 0,4% nel quarto trimestre rispetto al quarto trimestre dell’anno precedente.

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Le novità più importanti arrivano dal Giappone, che questa mattina ha reso noto che i dati relativi alla produzione industriale hanno superato le aspettative, mentre le vendite al dettaglio sono diminuite. La coppia USD/JPY ha perso 66 punti ed è quindi negoziata a quota 113,34, mentre la crescita della produzione industriale ha fatto impennare lo yen. A gennaio, tale espansione è stata pari al 3,7%, il primo incremento a cui si assiste da tre mesi a questa parte. I dati del governo suggeriscono che la crescita potrebbe essere stata determinata da un temporaneo rialzo delle attività delle industrie nell’ambito di una debole domanda interna ed estera . I dati pubblicati dal ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria sono in linea con le stime di crescita del 3,3% effettuate dagli economisti interpellati dalla Reuters. La contrazione delle vendite al dettaglio ha, invece, limitato i guadagni per lo yen. Le vendite al dettaglio su base annuale sono, infatti, diminuite anche a gennaio, segnando una riduzione per il terzo mese consecutivo, che segnala un continuo deteriorarsi della fiducia dei consumatori. Questa caduta dello 0,1% arriva dopo un incremento dell’1,1% nel mese di dicembre, sempre stando ai dati divulgati lunedì dal ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria.

In questi ultimi trimestri, la riduzione della spesa per i consumi ha rallentato la crescita dell’economia giapponese.

Il prodotto interno lordo si è ridotto dell’1,4% nel quarto trimestre con una contrazione della spesa delle famiglie molto più elevata del previsto. Le vendite della grande distribuzione sono aumentate dell’1,0% su base annua, dopo un aggiustamento della variazione del numero dei punti vendita.

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Il governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda ha affermato lo scorso sabato che la banca centrale nipponica ha ottenuto la massima comprensione di tutti i membri del G20 sulla necessità di adottare un tasso di interesse negativo per raggiungere il 2% di inflazione il prima possibile.

Parlando con i giornalisti a Shanghai, due giorni dopo gli incontri nell’ambito del G20 con i ministri delle Finanze e con i governatori delle banche centrali, Kuroda ha affermato che gli effetti della politica del tasso di interesse negativo stanno già iniziando a manifestarsi.

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