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Il rapporto sulle scorte USA affonda il greggio, a -1,82%

Da
Barry Norman
Aggiornato: Dec 31, 2015, 15:58 GMT+00:00

La prima fonte di preoccupazione per i mercati globali rimane il prezzo del petrolio e il nuovo "assalto" da parte dell'Arabia Saudita. Il barile viene

Il rapporto sulle scorte USA affonda il greggio, a -1,82%

Il rapporto sulle scorte USA affonda il greggio, a -1,82%
La prima fonte di preoccupazione per i mercati globali rimane il prezzo del petrolio e il nuovo “assalto” da parte dell’Arabia Saudita. Il barile viene negoziato a 36,60 e, dopo le perdite di mercoledì, continua a cedere terreno anche in mattinata. Il Brent si attesta a 36,53, scambiando ancora una volta posizione rispetto al greggio USA. Mercoledì il petrolio greggio si è mosso in ribasso in seguito alla pubblicazione dei dati sul settore che indicano un incremento imprevisto delle riserve di petrolio. Il West Texas Intermediate perde il 3,4% attestandosi a $ 36,60 il barile; da inizio anno il contratto è in ribasso del 31%. Il Brent perde il 2,9% fermandosi a $ 36,68. Il gap fra i due contratti si è annullato dopo la decisione da parte del Congresso Usa, che ha dato il via libera all’esportazione di greggio. Vitol Group, che possiede partecipazioni in numerose raffinerie che vanno dal Belgio al Golfo Persico fino all’Australia, ha concordato l’acquisto di due carichi di petrolio provenienti dagli Stati Uniti, il primo dei quali sarà pronto per il trasporto via mare già giovedì.

Dopo le perdite di mercoledì, le riserve di petrolio hanno contribuito ad alimentare i timori legati all’eccesso di offerta globale, a cui è imputabile il calo dei prezzi del greggio. Secondo i dati dell’Agenzia di Informazione sull’Energia USA(EIA), la scorsa settimana le riserve negli Stati Uniti, il primo produttore di petrolio al mondo, sono aumentate di 2,6 milioni di barili.

Gli analisti intervistati da Reuters prevedevano un prelievo pare 2,5 milioni di barili. Dopo il crollo del 3% della sessione precedente, giovedì nelle prime ore della sessione asiatica il greggio si è stabilizzato, con i future sul West Texas Intermediate (WTI) attorno a quota $ 36,70 il barile e il Brent attorno ai $ 36,60. Per il petrolio si prospetta un futuro immediato opaco; alcuni analisti, fra i quali quelli della Goldman Sachs, sostengono che per spingere i produttori fuori dal mercato – permettendo un equilibrio – i prezzi potrebbero dover scendere a $ 20 al barile. La banca statunitense Morgan Stanley prevede che nel 2016 un peggioramento delle condizioni del mercato del petrolio, adducendo a giustificazione l’offerta globale disponibile in costante aumento nonostante alcuni tagli – in particolare nelle aziende produttrici di scisto statunitensi – nonchè il rallentamento della domanda.

Il calo è causa di sofferenza per tutta la catena della fornitura di energia, incluso il trasporto navale, le trivellazioni private e i paesi dipendenti dal petrolio, dal Venezuela alla Russia fino al Medioriente. Secondo gli analisti la produzione globale di petrolio supera la domanda di un volume compreso fra mezzo milione e 2 milioni di barili al giorno. Questo significa che anche le stime più aggressive rispetto ai tagli della produzione USA (500.000 barili al giorno per il 2016) difficilmente basteranno a ridare equilibrio al mercato. D’altro canto Russia e OPEC per ora non sembrano affatto orientati a frenare la produzione.

Ieri i future sul petrolio greggio hanno perso quasi mezzo dollaro, in un mercato ancora sotto pressione per il calo della domanda e l’offerta elevata; a pesare sui prezzi anche le previsioni meteo secondo le quali l’ondata di freddo che investirà Europa e Stati Uniti sarà solo di breve durata. Da metà 2014 il prezzo del petrolio è sceso di circa due terzi: l’impennata della produzione da parte dell’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, della Russia e degli Stati Uniti ha portato a un eccesso di offerta globale compreso fra mezzo milione 2 milioni di barili al giorno. Più recentemente, le previsioni di un rallentamento della domanda, specialmente in Asia e in Europa, hanno cominciato a pesare sui prezzi.

Giovedì i futuri sul gas naturale si muovono in rialzo del 3,3%, attestandosi a 2,285. Mercoledì il contratto ha chiuso su terreno negativo per la prima volta gli ultimi 10 giorni in seguito alle previsioni meteo che negli USA che per il mese di gennaio indicano temperature miti, confermando i timori di una prosecuzione dell’eccesso di offerta del combustibile utilizzato per il riscaldamento.

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