I mercati sono in subbuglio alla notizia del raggiungimento di un accordo fra potenze occidentali e Iran. In molti credevano fosse inverosimile, ma
I mercati sono in subbuglio alla notizia del raggiungimento di un accordo fra potenze occidentali e Iran. In molti credevano fosse inverosimile, ma l’impossibile si sta concretizzando davanti ai nostri occhi: è stata disposta una dichiarazione congiunta che avvia le trattative alla fase conclusiva. Per gli speculatori l’apertura delle esportazioni dall’Iran in conseguenza alla sospensione delle sanzioni e dell’embargo, potrebbe essere disastrosa. In pochi minuti il prezzo del petrolio potrebbe perdere cinque dollari, ma il mercato è invece su terreno positivo e sopra il range di scambi settimanale. Il WTI si attesta a 49,53 e il Brent tiene a quota 55,13.
La sigla di un accordo sul nucleare significherebbe per Teheran la fine delle sanzioni sull’esportazione di petrolio da parte dei paese occidentali, sbloccando milioni di barili di petrolio iraniano destinati a inondare un mercato già sovraccarico.
Tuttavia, nel corso della sessione di scambi, n seguito all’annuncio di un’estensione della scadenza delle trattative al 30 giugno, il petrolio greggio Brent, lo standard più utilizzato al mondo, è sceso di meno del 3%.
Rimane comunque da chiedersi se i prezzi siano scesi davvero in conseguenza all’accordo oppure al rapporto settimanale sulle scorte ribassista pubblicato. Negli USA quest’anno le scorte di petrolio greggio sono cresciute di oltre 30 milioni di barili al mese, registrando una serie record e raggiungendo recentemente, il 27 marzo 2015, i 471 milioni di barili. Nonostante ciò, secondo le ultime stime di Wood Mackenzie rimarrebbe ancora inutilizzata una capacità di stoccaggio pari a 200 milioni di barili. La capacità di stoccaggio negli USA è cresciuta significativamente in corrispondenza di un aumento della capacità di trasporto. “Mentre alcuni centri di stoccaggio come quello di Cushing si avvicinano al pieno utilizzo,” sostiene un ben noto analista del settore dell’energia “i carichi di petrolio, per potere accedere a siti di stoccaggio disponibili, potrebbe dover affrontare viaggi più lunghi, e potrebbero dover pagare tariffe più alte. Questi fattori di natura logistica hanno contribuito ad ampliare lo spread fra brent e WTI”.
Giovedì, a inizio giornata, i prezzi sono scesi anche alla notizia che nel mese di marzo la produzione di petrolio in Russia ha raggiunto i livelli massimi nell’epoca post sovietica.