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Il paradosso della Spesa Pubblica Italiana

Da
Lorenzo Cuzzani
Pubblicato: Aug 11, 2015, 23:36 GMT+00:00

Accostare un termine dall'intrinseca ambivalenza come “paradosso” ad un concetto che di per se dovrebbe racchiudere trasparenza e chiarezza come la “Spesa

Il paradosso della Spesa Pubblica Italiana
Il paradosso della Spesa Pubblica Italiana

Accostare un termine dall’intrinseca ambivalenza come “paradosso” ad un concetto che di per se dovrebbe racchiudere trasparenza e chiarezza come la “Spesa Pubblica” può apparire fuorviante, oltre che fuori luogo, ma purtroppo la situazione contingente permette, se non obbliga, riflessioni in tal senso.

Al di là dell’annoso e quanto mai politicamente scorretto dibattito sulla stessa, quello che qui rileva è approfondire un argomento che necessiti un indirizzo concreto, quantomeno per capire la sua reale portata all’interno del Paese.

A questo proposito, vale la pena riportare diverse posizioni, sulla cui eminenza non esistono dubbi, per le quali la valenza della Spesa Pubblica italiana appare differente, le cui argomentazioni non fanno che alimentare quell’ambiguità di cui sopra, non permettendo di farsi un’idea scevra da ombre in entrambi i sensi.

In primo luogo, si registra la voce di Confcommercio, secondo cui, a fronte di una spesa complessiva di 176,4 miliardi di euro, sarebbe comunque possibile un risparmio di 74,1 miliardi, con lo stesso ottenimento di beni e servizi pubblici attuali; per di più, reinvestendo 51,2 miliardi si potrebbe generare un risparmio di ulteriori 23: emerge quindi, in tutta la sua forza, l’allarme lanciato da Piazza G.G. Belli 2, per il quale ci sarebbero 23 miliardi di euro di spese locali in eccesso.

Tale diktat è motivato dai dati che la stessa rappresentanza d’impresa fornisce: la Spesa Pubblica locale pro capite in Italia è di 2.963 euro; di questi, una media di 2.993 pro capite per il Centro-Nord e 2.906 per il Centro-Sud. In media, nel Sud si potrebbero risparmiare 1.859 euro a testa per ottenere la stessa quantità e qualità di servizi pubblici attuali, se solo i costi fossero quelli della Lombardia e non quelli effettivamente sostenuti.

È anche vero che la Lombardia sia una delle regioni più virtuose dell’intera Nazione e il paragone, per quanto diretto, difetta di ragionevolezza.

In ogni modo, dall’analisi di Confcommercio si evince una critica non indifferente alle istituzioni, colpevoli di una mala gestio della cosa pubblica, specie in materia economica. A una simile critica risponde in maniera veemente il più importante rappresentante pubblico in tal senso, Yoram Gutgeld, commissario per la spending review, per il quale, la spesa pubblica statale “ è, con quella spagnola, tra le più basse d’Europa”, ammontando la stessa a 350 miliardi di euro a fronte dei 650 di quella francese.

Continua Gutgeld: “Stiamo riducendo la spesa in modo piuttosto incisivo e continuiamo in un percorso di riduzione, con un approccio pluriennale, che avrà impatto crescente nel tempo.
La nostra spesa per gli stipendi e la Pa è 4-5 miliardi più bassa, un risultato che nessun altro ha raggiunto in Europa; questo percorso verrà portato avanti con un approccio un po’ diverso: non con tagli lineari, ma attraverso un intervento pluriennale che renda la nostra spesa più efficiente”.

Dalle affermazioni del commissario Gutgeld, si evince una situazione completamente diversa relativamente alla Spesa Pubblica: dalla precisione della sua risposta si potrebbe evincere un orientamento oculato e volto ad una metodologia step by step, per la quale ogni misura sia pensata per essere prodromica e consequenziale l’una con l’altra, in un sistema armonico che non lasci spazio al caso o a interventi invasivi.

Sebbene anche questa voce appaia degna di rilievo, è ancora difficile comprendere quale sia la dimensione concreta della situazione, rimanendo col legittimo dubbio se guardare il bicchiere mezzo pieno o quello mezzo vuoto, dando per scontato che si tratti di un ex aequo.

Per concludere, risulta utile riportare il punto di vista del Codacons, che abbraccia in toto quanto affermato da Confcommercio, per il quale la Spending Review italiana abbia costituito “un totale fallimento”. Il presidente Carlo Rienzi si espone statuendo: “Ci chiediamo che fine abbiano fatto i tanti rapporti sulla spending review redatti negli ultimi anni, si trattava di annunci promozionali senza seguito”; rincara poi la dose, affermando che i cittadini sono “costretti a subire una tassazione iniqua e crescente allo scopo di finanziare non servizi efficienti, ma gli immensi sprechi della Pa.”

Non è detto che la verità sia nel mezzo, così come è difficile stabilire la reale condizione della Spesa Pubblica nel Bel Paese: quel che è opportuno sottolineare è che un argomento così delicato meriterebbe maggiore attenzione e trasparenza da parte degli addetti ai lavori, privilegiando un coerenza bipartisan che ponesse tutti in condizione di comprendere, perché un Paese la cui condizione economica pubblica sia sconosciuta, non è affatto appetibile per potenziali investitori. Nazionali e stranieri.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

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