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Il calo delle riserve USA provoca un’impennata del prezzo del petrolio

Da
Barry Norman
Aggiornato: Dec 24, 2015, 18:37 GMT+00:00

Ora che i mercati si preparano per le feste di fine anno, quello del petrolio sembra essere l'unico mercato interessante. Con un'inversione di rotta

Il calo delle riserve USA provoca un’impennata del prezzo del petrolio

Il calo delle riserve USA provoca un'impennata del prezzo del petrolio
Ora che i mercati si preparano per le feste di fine anno, quello del petrolio sembra essere l’unico mercato interessante. Con un’inversione di rotta spettacolare e davvero inconsueta il prezzo del WTI si è impennato superando quello del brent. Giovedì mattina il WTI sia attesta infatti a 37,72 mentre il Brent, lo standard di riferimento dei paesi dell’Opec, si attesta a 37,64; entrambi guadagnano terreno rispetto ai recenti minimi, contribuendo a stabilizzare i mercati globali. Le valute dei paesi esportatori di materie prime e i mercati azionari hanno effettuato un rimbalzo in scia al rialzo dei prezzi dei prodotti energetici. Mercoledì, in una giornata caratterizzata da un basso volume di scambi in vista delle festività, il Brent ha guadagnato oltre il 3%, traendo beneficio da un inaspettato calo delle riserve di petrolio greggio negli USA; il prezzo è comunque rimasto vicino ai minimi pluriennali, in virtù di un’offerta globale tutt’ora abbondante e delle previsioni sulla domanda di esportazioni dei paesi Opec che registra un calo.

Nel 2020 la domanda globale di petrolio per i paesi Opec sarà più bassa che nel 2016; la produzione dei paesi concorrenti ha dato prova di resistenza, alimentando un potenziale dibattito in merito all’efficacia della strategia di caduta dei prezzi intesa a colpire gli altri produttori.

Secondo una fonte, l’Iraq avrebbe firmato accordi per un importo di 1,4 miliardi di dollari per l’esportazione, nel 2016, di circa 160.000 barili al giorno di petrolio a due raffinerie indiane, innalzando la posta in gioco nella corsa fra paesi esportatori per consolidare le proprie quote di mercato in Asia – a regione a più alto consumo di petrolio al mondo.

Secondo i dati pubblicati mercoledì dell’Agenzia d’Informazione sull’Energia USA (EIA), la scorsa settimana le riserve di petrolio greggio e distillati USA hanno registrato una contrazione imprevista, mentre quelle di benzina un incremento; le riserve USA hanno subito una flessione di 5,9 milioni di barili per un totale pari a 484,8 milioni di piedi cubi, 97, 6 in più rispetto allo scorso anno. Stando al rapporto della EIA, la produzione di petrolio avrebbe registrato un incremento di 3000 unità per un totale pari a 9179 milioni di barili al giorno.

I dati pubblicati mercoledì dalla società di servizi petroliferi Bucker Hughes indicano un calo di tre impianti di trivellazione negli Stati Uniti, per un totale di 538 unità. I dati hanno anche contribuito a sostenere il mercato dato che il numero di piattaforme petrolifere negli Stati Uniti viene percepito come un indicatore di attività del settore petrolifero.

Al New York Mercantile Exchange, subito dopo la divulgazione di dati il West Texas Intermediate sale di 1,36$ attestandosi a 37,5$ il barile, mentre il Brent guadagna 1,25$ chiudendo a 37,36$. Il drastico calo dei prezzi del greggio a livello globale potrebbe costringere l’Arabia Saudita, il più grande paese esportatore del mondo, a tagliare i costi risparmiando nella prossima legge finanziaria miliardi di dollari spesi in generosi benefici a favore dei cittadini.

Il regno negli ultimi 10 anni, beneficiando degli alti prezzi del petrolio, ha speso centinaia di miliardi di dollari per sostenere l’economia e concedere sovvenzioni per garantire energia e alimenti a basso prezzo a 30 milioni di persone. Da metà anno però i prezzi sono scesi di oltre la metà, costringendo il governo a fare ricorso alle proprie riserve, e a rivalutare i piani di spesa cercando dei modi per diversificare le entrate.

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