Il dollaro si muove in ribasso di 11 punti per scendere a quota 97,63, ben al di sotto del massimo a quota 100, 80, raggiunto soltanto qualche settimana
Il dollaro si muove in ribasso, mentre i mercati “nervosi” si concentrano sulla riunione della Federal Reserve di questa settimana, in cui dovrebbe essere decisa la tanto attesa manovra restrittiva. Dopo mesi di ipotesi, è quasi sicuro che la banca centrale degli Stati Uniti attui il primo innalzamento dei tassi di interesse dopo circa dieci anni – un aumento dei tassi ha normalmente effetti positivi sul dollaro. La questione principale riguarda la misura dell’incremento e le mosse della Fed nel 2016. Vi è, infatti, disaccordo sulla tempistica degli aumenti successivi.
L’annuncio della Fed giunge tra il crollo del prezzo del petrolio e i timori per la modesta crescita globale, fattori che hanno dirottato gli investitori verso le valute rifugio come lo yen. Durante la sessione asiatica, il dollaro è sceso a 120,95 yen dai 120,98 yen raggiunti sulla piazza di New York nella giornata di lunedì. Nella scorsa settimana, il cambio si assestava al di sopra dei 123 yen.
L’euro è salito da 1,0992$ a 1,1018$ e da 132,99 yen a 133,26 yen. La moneta unica europea si muove in rialzo nonostante le continue aspettative di nuove misure espansive attuate dalla della Banca Centrale Europea nel prossimo anno, stampando moneta. Si è pensato che Draghi non sia riuscito a raggiungere un accordo nel Consiglio della Bce sul pacchetto di misure maggiormente espansive da lui desiderato. Tuttavia, un’altra ragione potrebbe essere semplicemente nel miglioramento dell’economia dell’Eurozona. Seppur non particolarmente incisiva, la sorprendente decisione della Bce sottolinea la divergenza tra i tassi di interesse in Europa e negli Stati Uniti. I mercati continuano a osservare con attenzione i dati di fondamentale importanza la cui pubblicazione è prevista per la giornata di oggi: la fiducia nell’economia della Germania e l’Ipc degli Stati Uniti.
Dagli inizi di dicembre, l’euro ha registrato una notevole inversione di tendenza. La moneta unica europea era scesa molto vicino a quota 1,05, ma da allora ha sperimentato un forte rimbalzo, guadagnando più di 400 punti. Il catalizzatore dell’apprezzamento dell’euro è stato la riunione della Bce del 3 dicembre. In tale occasione, Draghi ha stupito i mercati non introducendo misure decisive, nonostante l’Eurozona stia languendo tra scarsa crescita e bassa inflazione. Nella giornata di martedì, quando verrà pubblicato l’autorevole indice Zew sulla fiducia nell’economia in Germania e nell’Eurozona, l’euro sarà messo a dura prova, qualora i risultati non dovessero corrispondere alle aspettative.
Il dollaro è rimasto invariato a 121,09 yen, dopo il pullback da quota 120,35, che ha segnato il minimo delle ultime sei settimane, sperimentato nella giornata di lunedì. Una settimana fa, il dollaro veniva negoziato in rialzo, al di sopra dei 123 yen. Trader prudenti hanno ridotto le loro posizioni in dollari, nell’attesa di suggerimenti da parte della Fed sulla tempistica degli innalzamenti del tasso di interesse nel prossimo anno.
La sterlina si è mossa in ribasso a causa dei segnali sulla possibilità che il governo britannico non raggiunga i suoi obiettivi nel negoziato con i partner europei prima del referendum sull’uscita dall’UE, previsto per il prossimo anno. In Gran Bretagna, cresce la preoccupazione per l’esito del voto.
Nella giornata di lunedì, lo yuan ha toccato il nuovo minimo sul dollaro degli ultimi quattro anni e mezzo. Il ribasso ha fatto seguito all’annuncio della Banca Popolare Cinese, che ha dichiarato di aver iniziato a pubblicare un tasso di cambio ponderato su un paniere di valute. Tale mossa finirà con l’allentare il legame della valute cinese con il dollaro. Nella mattinata di oggi, il CNY ha perso 39 punti, scendendo a quota 6,4629.