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I tassi di interesse negativi e i dati sull’indebolimento dell’economia cinese pesano sulle valute asiatiche

Da:
Barry Norman
Pubblicato: Feb 1, 2016, 11:29 UTC

La reazione dei trader delle equity all’inaspettata mossa di politica monetaria della Banca del Giappone, che ha determinato un rialzo del 2,5% del Dow

I tassi di interesse negativi e i dati sull’indebolimento dell’economia cinese pesano sulle valute asiatiche

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La reazione dei trader delle equity all’inaspettata mossa di politica monetaria della Banca del Giappone, che ha determinato un rialzo del 2,5% del Dow Jones venerdì scorso, è stata positiva.

I rialzi della giornata hanno contribuito ad innalzare gli indici principali, compensando in modo più che soddisfacente le forti perdite registrate mercoledì. A Wall Street, la ripresa è in parte stata determinata della decisione a sorpresa presa dalla Banca del Giappone, che ha introdotto un tasso di interesse negativo. Inoltre, i trader stavano ancora smaltendo le notizie economiche provenienti dagli Stati Uniti, tra cui un documento del Dipartimento del Commercio che evidenzia un rallentamento della crescita del PIL nel trimestre conclusosi a dicembre.

Questa mattina, lo yen ha continuato a muoversi in ribasso, portandosi a quota 121,22 rispetto al dollaro e a quota 131,53 rispetto all’euro.

La Banca del Giappone ha imposto alle banche un tasso di interesse negativo per stimolare la concessione di prestiti alle imprese e per disincentivare l’accumulazione di liquidità. Il tutto per supportare un’economia indebolita e per aiutare il paese a uscire dalla deflazione. Quello del tasso di interesse negativo è un esempio di politica monetaria non convenzionale che, peraltro, include anche l’allentamento quantitativo –  l’acquisto di titoli delle banche commerciali da parte delle banche centrali, lasciandole così con un eccesso di liquidità. La Banca del Giappone ha anche affermato che la decisione di adottare il tasso di interesse negativo è volta a far riguadagnare quota all’indice di fiducia delle imprese nipponiche e a confermare la volontà di far aumentare l’inflazione e portarla all’obiettivo del 2%.

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I mercati asiatici si muovono in modo incerto, con gli investitori che continuano a operare con cautela dopo i risultati deludenti dal settore manifatturiero cinese, uniti alla caduta dei prezzi del petrolio e nonostante la politica espansiva della Banca del Giappone,  che ha parzialmente incentivato gli acquisti.

L’indice Shanghai Composite ha subito un ribasso dell’1,8%, guidato dalle società energetiche e finanziarie, portandosi a quota 2688,877.

PetroChina ha perso il 2,8% dopo aver dichiarato che le entrate nette annue potrebbero essere diminuite del 70% circa. China Life Insurance Co. ha registrato la media più bassa degli ultimi 14 mesi, dopo aver annunciato che gli utili hanno rispettato le previsioni. A gennaio, l’indice cinese dei direttori degli acquisti è sceso a 49,6, il livello più basso degli ultimi tre anni, a fronte di una stima mediana di 49,4. I tassi di riferimento del mercato valutario hanno sperimentato il maggiore rialzo da giugno prima della chiusura delle piazze cinesi per le festività del capodanno, che avranno inizio l’8 febbraio e dureranno per tutta la settimana.

Nell’ultima settimana, l’indice del dollaro ha perso lo 0,5% a causa dei deludenti risultati dell’economia degli Stati Uniti. Si è, infatti, registrato un calo della domanda di beni durevoli che, insieme ai dati pressoché invariati sulle vendite di abitazioni pendenti, riflette la riduzione degli investimenti delle imprese registrata nel 2015. Lo yuan viene negoziato invariato a quota 6,5761.

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Inoltre, i mercati stanno ancora scontando le conseguenze della decisione della Federal Reserve di mantenere inalterati i tassi di interesse, la consapevolezza dei rischi della caduta dei prezzi del petrolio e il rallentamento della crescita, tutti fattori che alimentano un certo nervosismo. In ogni caso, nella sua ultima valutazione dell’economia, la Fed non ha escluso del tutto la possibilità di un incremento del tasso di interesse nel marzo 2016, provocando il malcontento di alcuni investitori. Il dollaro ha perso 8 punti, portandosi a quota 99,51, per essere negoziato vicino ai recenti massimi.

I dati sull’economia cinese hanno pesato sull’Aussie e sul kiwi che, nella scorsa settimana, si erano mossi in rialzo. Tuttavia, nella mattinata di oggi, entrambe le valute hanno invertito la tendenza. Il dollaro australiano è sceso a quota 0,7060, mentre si attende la decisione sul tasso di interesse che la Reserve Bank of Australia prenderà nella giornata di domani. La coppia NZD/USD ha perso 10 punti, portandosi a quota 0,6573.

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