Riusciremo ad avere almeno due giorni di tregua dopo che le notizie relative alla crisi greca hanno dominato incessantemente le prime pagine dei
Il mancato pagamento del debito contratto con il Fmi potrebbe non portare a un default automatico, soprattutto se il creditore si limitasse a dire che la Grecia è insolvente. Ieri Standard & Poor’s ha tagliato il rating sulla Grecia, portandolo a CCC- da CCC, e aggiunto che c’è un 50% di possibilità di assistere a un’uscita di Atene dall’Eurozona. Fitch ha declassato il giudizio sulle banche elleniche a “restricted default”.
Oggi si riunirà il Consiglio direttivo della Bce per rivedere il programma di assistenza finanziaria d’emergenza che, di fatto, sta tenendo in piedi le banche greche. Se l’Eurotower dovesse decidere di concluderlo, gli istituti di credito della Grecia sarebbero costretti a dichiarare il fallimento.
Domenica scorsa, la Bce si è rifiutata di incrementare la liquidità erogata nell’ambito del programma di assistenza (Ela) alla Grecia dopo che nella giornata di sabato l’Eurogruppo aveva scartato qualsiasi eventuale proroga alle scadenze dei rimborsi dovuti da Atene. Il 20 luglio la Repubblica ellenica dovrà infatti restituire alla Bce 3,46 miliardi di euro per ripagare i titoli acquistati dall’istituto di Mario Draghi. Se l’Eurotower dovesse decidere si recidere il cordone ombelicale con le banche greche, per gli istituti ellenici non ci sarà alternativa al fallimento.
Stamattina i mercati asiatici sembrano prestare ben poca attenzione alla crisi greca. L’impressione è che gli investitori hanno finito per mettere in secondo piano il fatto che la Grecia non abbia rimborsato il Fmi, preferendogli una serie di dati economici relativi alle economie dalla regione. I mercati globali sono infatti riusciti a stabilizzarsi nonostante Atene non abbia restituito al Fmi il prestito da 1,55 miliardi di euro dopo che ieri i creditori avevano rifiutato l’ennesima richiesta di rinvio da parte del governo greco. In apertura di sessione asiatica la reazione dell’euro è stata praticamente nulla, con un calo dello 0,1% a 1,1130$: si mantiene comunque ben al di sopra dei minimi raggiunti solo una settimana fa.
In Giappone il Nikkei ha guadagnato lo 0,2% dopo che l’indagine trimestrale Tankan della Boj ha mostrato un miglioramento della fiducia delle grandi aziende manifatturiere nel corso del secondo trimestre 2015. Secondo l’indagine, i grandi manifatturieri del paese sono più ottimisti del previsto, con l’indice ai massimi dal marzo 2014, ossia prima che entrasse in vigore il rialzo dell’iva deciso dal governo. La lettura di giugno si attesta così a quota 15, contro l’attesa di un pool di economisti di Reuters per un indice a quota 12. Il cross USDJPY è negoziato a 122,49 mentre l’EURJPY ha ceduto 14 punti fino a 136,43.
Gli investitori stanno ora aspettando la pubblicazione dei dati sulla manifattura di diversi altri paesi asiatici, incluse Corea del Sud e Indonesia, nonché la lettura ufficiale e quella di Hsbc relative al manifatturiero della Cina. Negli ultimi mesi l’export dalla regione si è rivelato piuttosto fiacco, scontando il rallentamento cinese, le difficoltà della domanda aggregata statunitense e la fragile ripresa europea. L’Aussie ha guadagnato 22 punti per essere negoziato a 0,7726$ mentre il Kiwi ne guadagnava 36 fino a 0,6802$. Secondo i due indici (ufficiale e privato) del PMI manifatturiero cinese, a giugno l’attività del settore è ancora debole, fatto che rafforza le richieste di nuovi stimoli monetari per rimettere in moto la seconda economia del pianeta.