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I 40$ potrebbero rappresentare per il petrolio i nuovi 100$

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Barry Norman
Pubblicato: Mar 18, 2016, 10:08 GMT+00:00

Sono stati dei giorni straordinari per il mercato del petrolio, ma anche un sollievo per aziende e paesi produttori. Venerdì scorso il petrolio si è mosso

I 40$ potrebbero rappresentare per il petrolio i nuovi 100$

Sono stati dei giorni straordinari per il mercato del petrolio, ma anche un sollievo per aziende e paesi produttori. Venerdì scorso il petrolio si è mosso in rialzo per poi cedere il terreno guadagnato a inizio settimana in scia alle prese di beneficio; mercoledì il WTI ha comunque guadagnato il 5,23%, e un altro 2,63% giovedì, rimanendo in prossimità dei $ 40. Nel momento in cui scrivo il greggio è in rialzo di $ 1,45 e si attesta a 39,86. Il Brent si muove in tandem con il greggio statunitense guadagnando $ 1,01, a quota 41,34. Giovedì il petrolio greggio Usa ha superare la soglia dei $ 40 il barile, in corrispondenza di un calo del dollaro provocato dalla decisione della Federal Reserve – che ha ridimensionato le aspettative per un aumento dei tassi di interesse – e di una sempre più forte volontà da parte dei paesi produttori di petrolio di congelare i livelli di produzione.

Il rialzo di giovedì segue la riunione di due giorni della Fed che si è conclusa la decisione di spostare in avanti il pecorso di incremento dei tassi di interesse negli Stati Uniti, alla luce dei recenti rischi legati al rallentamento della crescita globale e alla volatilità dei mercati finanziari. L’agenzia di consulenza RIitterbirch and Associates sostiene in una nota che “l’intenzione della Fed di procedere con un numero inferiore di interventi sui tassi di interesse aumenta l’interesse nei confronti del petrolio, con un dollaro destinato a preservare un trend discendente”.

L’impennata del mercato del petrolio del mese scorso si è verificata nonostante l’ulteriore deterioramento dei fondamentali in termini di domanda e offerta; mercoledì il Dipartimento dell’Energia USA ha diffuso i dati che segnalano una continua crescita delle riserve di petrolio negli Stati Uniti, con una produzione che si mantiene sopra i 9 milioni di barili al giorno e una capacità di stoccaggio prossima alla saturazione nei principali depositi. Gli investitori sono divenuti maggiormente rialzisti su questo mercato, nella speranza che il calo dei prezzi di inizio anno possa portare a un taglio della produzione e a una conseguente riduzione dell’eccesso di offerta globale di petrolio.
Qualunque ne sia la causa, il rimbalzo del petrolio è stato accolto con entusiasmo da Wall Street. Il crollo del mercato fino ai $ 26,05 il barile è stato percepito da molti come un segno di sventura per l’economia globale, portando al crollo dei mercati azionari verificatosi inizio anno. Ora però il Dow Jones ha recuperato gran parte del terreno perso da inizio anno e, dopo un sorprendente crollo che ha raggiunto a un certo punto i 2000 punti, è in ribasso di meno di 75 punti.
“Un prezzo del petrolio così basso non era realistico. Era insostenibile e basato sulla speculazione. Niente che abbia a che vedere con la realtà” dichiara Fidel Ghent, analista di petrolio e gas per la Oppenheimer.
È importante ricordare che, nonostante il recente rally, il petrolio ha comunque perso oltre il 60% rispetto al picco toccato a metà 2014, pari a $ 107 il barile.

A questi livelli di prezzo molte compagnie petrolifere faticano a ottenere profitti. Secondo lo studio legale Haynes and Boone, dall’inizio del 2015 in Nord America almeno 51 società produttrici di petrolio e gas hanno dichiarato bancarotta.
Occorre anche tenere in considerazione che un rally troppo rapido potrebbe comportare conseguenze impreviste spingendo i produttori di scisto a pompare di nuovo petrolio a ritmo serrato: un tale scenario non potrebbe che esacerbare l’eccesso di offerta. È per questo che questa settimana la Societè General ha deciso di tagliare le previsioni su petrolio per la fine dell’anno da $ 48 a $ 38.
“Nel 2016 ogni eventuale rally prolungato sopra i $ 45 dovrebbe interrompersi spontaneamente” sostiene Mike Wittner, a capo dell’ufficio ricerca sul petrolio per la Societè General.
Gli anni in cui il petrolio costava $ 100 il barile e generava entrate per 1000 miliardi in esportazioni sono finiti, e i paesi del Golfo, così come altri, sono costretti ad accettare una nuova realtà. Il Kuwait può godere di uno dei costi di produzione di petrolio più bassi del mondo. Il paese vanta anche uno dei fondi sovrani più vecchi del mondo.
Tuttavia, il crollo del prezzo del petrolio sta spingendo il Kuwait verso qualcosa che si riteneva impensabile: un’imposta sui profitti delle imprese.
Il piano per una tassa del 10% a carico delle imprese segue la decisione degli Stati del Golfo di posticipare quella del 5% sulle vendite al 2018.

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