La notizia era nell'aria, ma sembrava la classica indiscrezione d'alta finanza. Invece, poco più di una settimana fa, in data 6 agosto 2015, Wind e 3
La notizia era nell’aria, ma sembrava la classica indiscrezione d’alta finanza. Invece, poco più di una settimana fa, in data 6 agosto 2015, Wind e 3 Italia, con un comunicato congiunto, informano il pubblico di aver operato una fusione paritetica.
I due colossi Made in Italy ma di proprietà straniere decidono di unirsi strategicamente per porsi come terza realtà consolidata in ambito di telecomunicazioni, lanciando la sfida alle leader del settore Telecom e Vodafone.
L’operazione in questione è un chiaro esempio di come i capitali stranieri siano ormai entrati a pieno titolo in settori strategici in seno al Bel Paese (BNP Paribas), costituendo nel momento contingente l’unica possibilità di iniezione di flussi utili a investimenti e girandole economiche.
Sintomatico che le due società in questione siano possedute da gruppi russi e cinesi, colossi esponenti di Paesi in cui siano presenti capitali sovrani, i cui investimenti muovano gran parte dell’economia mondiale, insieme a nazioni esportatrici di petrolio come l’Arabia Saudita.
Così accade che nel 2011 i russi di VimpelCom acquisiscano il pieno controllo di Wind, assicurandosi una fetta importante di un mercato, quello italiano delle telecomunicazioni, in continua crescita e con uno sviluppo molto interessante e che a meno di un anno dalla sua fondazione da parte di Franco Bernabè e Renato Soru, nel 2000, la cinese Hutchison Whampoa acquisisca il 51% del pacchetto azionario di Tre, portato all’88,2% in due anni ed arrivato poi al 97,5%, diventando la H3G.
Fino alla presente fusione, il mercato delle telecomunicazioni italiano osserva una netta bipartizione settoriale delle utenze, specialmente mobili, dividendosi tra le due società leader in tal senso, TIM e Vodafone, entrambe a quota 31,5%, e le due realtà minori Wind e H3G a spartirsi le percentuali residuali, rispettivamente 28,3% e 8,7%.
Emerge chiaramente come, a fronte di una quota di mercato del 37%, la JV Holdco (la holding di controllo congiunto nata dalla fusione) raggiungerà la posizione di leader di mercato, a fronte dei 31 milioni di utenti, così come sostenuto dall’entusiasta CEO di Wind e nuova guida del gruppo, Maximo Ibarra: “Con oltre 31 milioni di clienti di telefonia mobile e 2,8 milioni di clienti di rete fissa (di cui 2,2 milioni sono fissati clienti a banda larga), l’attività combinata dovrebbe generare significativi benefici Capex e Opex con un valore attuale netto, al netto dei costi di integrazione, di oltre 5 miliardi di euro”.
A rassicurare sulla solidità dell’assetto societario e sulla totale posizione di parità tra le due, ci pensa una nota congiunta delle stesse, che così si esprimono:”VimpelCom e CK Hutchison hanno previsto una struttura di governance chiara per garantire una joint venture di successo con un management team sostenuto da un consiglio di amministrazione composto da 6 manager, 3 per ciascuna delle due controllanti. Il Chairman del CDA sarà nominato alternativamente dalle due società ogni 18 mesi ed il suo voto sarà determinante su alcune questioni fondamentali di business.”
Nel dettaglio, Vincenzo Novari, attuale amministratore delegato di 3 Italia, sarà nominato come consulente senior per l’Italia di CK Hutchison ed entrerà nel cda della JV Holdco dopo il completamento dell’operazione. Dina Ravera, Coo di 3 Italia, guiderà il processo di integrazione di fusione e rimarrà in un ruolo operativo di alto livello nella nuova società. Stefano Invernizzi, attuale Cfo di 3 Italia, diverrà direttore finanziario.
Reazioni positive arrivano da più fronti, ma quella più rilevante è senza dubbio quella di Standard & Poors, che alza l’outlook di Wind, portandolo da “negativo” a “positivo” in seguito alla notizia della fusione con H3G e che si aspetta che “l’operazione annunciata possa migliorare il merito di credito di Wind visto che si tratta di una fusione con una società senza debito”; aggiunge poi che l’operazione “prevede anche sinergie significative tra le due società”, stimate da più parti in 700 milioni di euro e conclude sostenendo un miglioramento di Wind attraverso cui il gruppo “avrà una maggiore capacità di investimento nella rete 4G”.
Non c’è dubbio che a livello imprenditoriale sia una grande operazione, con due società fuse che diventino leader di mercato, quello che fa riflettere è il contraccolpo sui consumatori. Si perché, a parte il miglioramento della tecnologia della banda larga, la fusione tra Wind e Tre potrebbe portare ad un netto innalzamento delle tariffe telefoniche, situazione figlia del fatto che le due attuali sorelle non avrebbero più interesse a competere l’una con l’altra a suon di offerte al ribasso, con un possibile livellamento dei prezzi verso l’alto, sulla falsariga dei due colossi più costosi Tim e Vodafone, creando così un triangolo telefonico che vanti più del 90% delle quote di un mercato maggiorato.
In un momento in cui l’Italia necessiti di una grande ricapitalizzazione a tutti i livelli e abbia bisogno di grandi iniezioni di fondi per risollevarsi in ogni settore, una fusione che ottimizzi un settore, quello delle telecomunicazioni, strategico per il Bel Paese, è sicuramente di buon auspicio: si tratterà solamente di vedere se ad un miglioramento di governance seguirà anche un effetto domino in termini di consumi, solo il tempo potrà giudicare.
Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.