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Gli speculatori del petrolio spingono i prezzi in rialzo dopo gli attentati dell’Isis a Parigi

Da:
Barry Norman
Aggiornato: Nov 16, 2015, 16:05 UTC

Con la riapertura dei mercati dopo il fine settimana, i trader aspettano di vedere gli effetti degli attacchi terroristici di Parigi, mentre il mondo si

Gli speculatori del petrolio spingono i prezzi in rialzo dopo gli attentati dell’Isis a Parigi
Gli speculatori del petrolio spingono i prezzi in rialzo dopo gli attacchi dell'Isis a Parigi
Gli speculatori del petrolio spingono i prezzi in rialzo dopo gli attacchi dell’Isis a Parigi

Con la riapertura dei mercati dopo il fine settimana, i trader aspettano di vedere gli effetti degli attacchi terroristici di Parigi, mentre il mondo si prepara a un inasprimento della guerra contro l’Isis e il terrorismo. Proprio a causa dei recenti attentati terroristici e del conseguente calo di domanda di greggio, il prezzo del petrolio sui mercati internazionali potrebbe subire una pressione ulteriore legata ai timori di un rallentamento della crescita globale.

Il barile si è già avvicinato ai minimi degli ultimi sei anni: ad impedire un ulteriore flessione – sotto il peso del continuo peggioramento dell’eccesso di offerta globale – è stata prima di tutto una domanda relativamente sostenuta. Venerdì pomeriggio una serie di attacchi terroristici coordinati nella capitale francese è costata la vita ad almeno 129 persone; è stato poi lo stesso gruppo terroristico dell’Isis a rivendicare la responsabilità della strage. Il petrolio ha chiuso la settimana a un minimo di 40,74, in ribasso di un dollaro nella sola giornata di venerdì, mentre il petrolio Brent ha seguito la scia del WTI scivolando a quota 44,47.

Secondo gli analisti di Eurasia Group, gli attacchi potrebbero pregiudicare la capacità del governo francese di concentrare la propria attenzione sulla ripresa dell’economia del paese. La reazione dei mercati del petrolio in seguito agli attacchi e a un possibile incremento dei bombardamenti sulla produzione di petrolio dell’Isis sembra essere piuttosto debole. Si ipotizza che l’organizzazione terroristica venga finanziata dalle esportazioni illegali di petrolio attraverso Iran e Siria. Il greggio guadagna 32 centesimi salendo a 41,06 mentre il Brent guadagna 49 centesimi attestandosi a 44,96. La forza del dollaro, che ha guadagnato 30 punti salendo a 99,19, ha contribuito a contenere i rialzi.

Secondo un delegato dell’Opec, nel medio termine a causa del crescente clima di tensione a livello geopolitico il prezzo del petrolio potrebbe salire leggermente, specialmente se la comunità internazionale dovesse decidere di ridurre il contrabbando di petrolio di colpire i servizi petroliferi sotto il controllo dell’Isis in Siria e Iraq.

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Nonostante i fatti sopra citati, il delegato dell’Opec – il cui nome non viene indicato nel rapporto – concorda sul fatto che l’impatto a breve termine degli attacchi potrebbe esporre il mercato a una pressione ribassista: “di sicuro ogni nuova misura di controllo – atta a garantire la sicurezza dei viaggiatori – porterà a una riduzione del volume di trasporti”, aggiungendo che la reazione dei mercati dipenderà dalla severità e dalla durata di eventuali misure restrittive che dovesse essere adottate in Francia e nel resto dell’Europa.

Secondo quanto affermato in settimana da funzionari americani, gli Stati Uniti e i suoi alleati avrebbero aumentato fortemente l’intensità dei bombardamenti aerei contro la struttura tentacolare dei giacimenti di petrolio sotto il controllo dello Stato Islamico nella Siria orientale, nel tentativo di intralciare una delle principali fonti di entrate del gruppo terroristico.

Per mesi interi gli Stati Uniti hanno subito la frustrazione nel vedere la capacità dello Stato Islamico di mantenere inalterati i livelli di produzione ed esportazione di petrolio – quella che il segretario della difesa a Stone Carter ha definito recentemente “la colonna portante della infrastruttura finanziaria” del gruppo – capace di generare secondo le stime del Dipartimento del Tesoro circa 40 milioni di dollari al mese, circa 500 milioni di dollari l’anno.

Nel frattempo altri problemi geopolitici continuano a tormentare il mercato del petrolio. La concorrenza nel più grande mercato del petrolio in Russia si fa più insidiosa. Mentre l’avanzata in Europa dell’Arabia Saudita ottiene tutte le attenzioni, la grande minaccia viene da un’altra zona del Medioriente – l’Iran.

L’Arabia Saudita ha cominciato a esportare petrolio greggio verso i mercati tradizionali russi come la Polonia e la Svezia, ma le esportazioni in Europa dal più grande esportatore del mondo non aumenteranno in misura sufficiente da ridurre i prezzi.

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