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Durante la sessione asiatica, i trader del Forex hanno mostrato incertezza

Da:
Barry Norman
Aggiornato: Feb 12, 2016, 10:07 GMT+00:00

I valori delle valute nella sessione asiatica odierna sono piuttosto altalenanti, con il dollaro australiano in pareggio e il dollaro neozelandese che

Durante la sessione asiatica, i trader del Forex hanno mostrato incertezza

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I valori delle valute nella sessione asiatica odierna sono piuttosto altalenanti, con il dollaro australiano in pareggio e il dollaro neozelandese che perde 37 punti. Il dollaro australiano è stato appena in grado di tenersi al di sopra degli 0,71 centesimi mentre quello neozelandese è negoziato a quota 0,6679. Lo yen si è mosso leggermente in ribasso grazie alle vendita della valuta rifugio effettuata dai trader. Lo yen ha quindi perso 20 punti rispetto al dollaro per essere negoziato a quota 112,62. La valuta si è apprezzata di 9 punti percentuali rispetto al dollaro dal momento in cui la BoJ ha tagliato i tassi di interesse portandoli sotto lo zero per la prima volta nella sua storia alla fine di gennaio, rinunciando così a diversi obiettivi previsti dall’Abenomics.

Nella sessione del mattino di giovedì, lo yen ha superato i 111¥ mentre i flussi di valute rifugio si sono riversati nel paese e molte posizioni nel mercato globale dei derivati sono state chiuse. La mossa ha cancellato tutti gli effetti del deprezzamento ottenuti negli scorsi 15 mesi grazie alla politica a favore dello yen debole pianificata dal governo. L’indice Nikkei della Borsa di Tokyo ha perso 22 punti percentuali dagli inizi di dicembre.

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Questi sviluppi inattesi e per certi versi drammatici non sono stati altro che una catastrofe per il governatore della Banca del Giappone Haruhiko Kuroda, il quale aveva insistito per portare il tasso di interesse in negativo nonostante il parere contrario della metà dei membri della Banca. In base all’opinione del governatore, questa azione avrebbe comportato una controdeflazione grazie all’indebolimento della moneta.

Lo yen ormai fuori controllo sembra stringere ulteriormente il cappio sulla politica giapponese, ponendo in questione soprattutto la validità della strategia di Shinzo Abe. Questi si era presentato come l’uomo della rinascita giusto tre anni fa, introducendo piani apparentemente brillanti per eliminare definitivamente l’attitudine deflazionistica del paese.

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Lo yen si trova intorno al 4% del livello a cui era negoziato prima dell’introduzione di questa politica monetaria espansiva voluta dalla BoJ nell’ottobre del 2014, volta a abbassare il valore della moneta. I trader ora si chiedono cosa potranno fare le autorità giapponesi per arrestare la recente tendenza all’apprezzamento. Solo in questo mese, la moneta si è mossa in rialzo rispetto alle sue 16 maggiori controparti, distanziandosi in particolare dal peso messicano, dal rand sudafricano e dal dollaro.

Il 29 gennaio scorso, inaspettatamente, la BoJ aveva dichiarato che avrebbe seguito la scia della Bce nell’adozione di un tasso interesse negativo. Tutto ciò ha determinato una caduta di breve periodo del valore dello yen. La stessa politica di allentamento nell’ottobre del 2014 aveva avuto un impatto ben maggiore, aiutando lo yen a invertire la tendenza e attestarsi a un livello registrato da ultimo 13 anni fa, in particolare con un ribasso di 125,86 segnato il 5 giugno 2015.

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Una politica interventista nel mercato valutario sarebbe un evento straordinario in Giappone. La nazione non ha né comprato né venduto moneta al fine di influenzare l’andamento dello yen fino al 2011, quando si è verificato un record di interventi  in tal senso per frenare l’apprezzamento del valore dello yen che aveva raggiunto un secondo nuovo picco di crescita dalla Seconda Guerra Mondiale.

L’indice del dollaro ha raggiunto il suo livello più basso da novembre, dopo che il discorso della presidente della Fed Yellen ha evidenziato come gli sconvolgimenti del mercato potrebbero funzionare da deterrente per un incremento dei tassi di interesse quest’anno. Giovedì, Yellen ha affermato che non vi è certezza sul quando si stabilizzeranno i prezzi dell’energia e il dollaro.

“E’ difficile stabilire con certezza quando questo accadrà ed è sempre possibile che ci siano cambiamenti nel corso dell’anno” ha riferito Yellen davanti a una commissione del Congresso. Tanto i bassi prezzi del petrolio quanto un dollaro forte sono stati fattori che hanno spinto al ribasso la pressione sull’inflazione, che rimane ben al di sotto del 2% stabilito dalle previsioni della banca centrale. Il dollaro ha recuperato parte delle perdite di giovedì per essere negoziato a quota 95,76, in rialzo così di 12 punti. L’euro invece si è mosso al ribasso dell’1% per essere negoziato a quota 1,1308, senza peraltro distanziarsi troppo dal suo picco overnight di 1, 1377 dollari. Tale quotazione segna il rialzo più rilevante registrato da ottobre 2015. La moss ha funzionato da notevole incentivo per il raggiungimento di un rialzo settimanale dell’1,3%.

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