Mercoledì la Federal Reserve USA ha aumentato il tasso di interesse di riferimento per la prima volta dal 29 giugno 2006. Si tratta della prima modifica
L’aumento verificatosi nel 2006 rappresentava il 17º consecutivo da parte della Banca centrale e si poneva l’obiettivo di frenare l’inflazione. I mercati reagirono con un’impennata del titoli azionari che, in seguito all’affermazione da parte della Fed che poteva trattarsi della fine di un ciclo di correzioni del tasso di interesse al rialzo, registrarono il più forte incremento giornaliero da oltre un anno.
Alzando il tasso al 5,25%, ai massimi da oltre cinque anni, la Fed addusse a giustificazione gli altri costi dell’energia e un’economia in espansione “che aveva le potenzialità per sostenere la pressione inflazionistica”.
Quando nel 2004 la Fed diede inizio all’attuale ciclo di politica monetaria restrittiva sotto l’ex presidente Alan Greenspan, i Fed Fund si attestavano all’1% – ai minimo degli ultimi 46 anni, e l’incremento iniziale di un quarto di punto ebbe un effetto appena percettibile. La cessione di credito rimase buona, mentre i tassi sui mutui in realtà continuarono a scendere per alcuni mesi.
Allo stesso tempo l’indice dei prezzi al consumo, spinto dall’aumento del costo del gas, cresceva a un tasso annuale del 4%, in via di accelerazione. Anche escludendo le categorie di beni più volatili come quelli alimentari ed energetici, i prezzi aumentavano a un tasso annuale del 2,4%, ben al di sopra dell’obiettivo fissato dalla Fed al 2%. Anche altre materie prime si muovevano in prossimità dei massimi storici, specialmente l’oro e i beni alimentari, spinti in rialzo principalmente dal calo del dollaro USA.
Dall’ultimo aumento dei tassi di interesse le condizioni economiche sono cambiate considerevolmente. Questa volta il Comitato Federale per il Mercato Aperto ha aumentato i tassi perché ritiene che l’economia stia crescendo a un ritmo troppo lento: la spesa delle famiglie e gli investimenti in beni fissi da parte delle imprese sono cresciuti con un buon ritmo, mentre ilo settore immobiliare ha dato ulteriori segni di miglioramento, ma le esportazioni nette rimangono deboli.
Il FOMC ha anche sostenuto che una serie di indicatori del mercato del lavoro continuano a dare segnali di miglioramento confermando che da inizio anno il tasso di sottoutilizzo della forza lavoro è diminuito considerevolmente e che l’inflazione rimane invece sotto l’obiettivo del comitato fissato al 2%, ma principalmente a causa del calo dei prezzi dell’energia.
La differenza principale fra l’aumento dei tassi del 2009 e la decisione di ieri sta nel modo in cui la Fed percepisce la situazione economica. Nel 2009 l’economia cresceva a ritmo sostenuto mentre in questo caso la crescita economica procede a un passo moderato.
D’altro canto i prezzi dell’energia sono ai minimi pluriennali. Anche l’oro e i beni alimentari sono vicini ai minimi dal 2006, soprattutto a causa del rafforzamento del dollaro USA.
Dietro il rafforzamento del dollaro non ci sono solo l’aumento dei tassi di interesse USA. In realtà pesano anche la debolezza dell’economia giapponese, dell’euro zona e del Regno Unito e il fatto che le rispettive banche centrali stanno prendendo in considerazione ulteriori tagli ai tassi di interesse o l’adozione di nuove misure di stimolo.
Al momento dell’annuncio, il presidente della Fed Janet Yellen ha affermato che continuerà ad monitorare l’impatto di questa decisione sull’economia. È questo il motivo per cui trader ritengono che la Fed prima di aumentare ulteriormente i tassi vorrà aspettare quantomeno fino al giugno 2016.
Nel frattempo si prevede un aumento di volatilità sui mercati valutari proprio a causa del differenziale sui tassi di interesse fra gli USA da un lato e Giappone, Regno Unito e euro zona dall’altro.
Questa volta, a causa delle difficoltà incontrate dalle principali economie del mondo, il dollaro USA trarrà maggiore beneficio dall’aumento dei tassi. È per questo che l’impatto dell’aumento dei tassi sarà particolarmente forte sul dollaro USA. Un dollaro forte generalmente porta a un calo dei prezzi delle materie prime perciò uno dei mercati maggiormente colpiti da questa campagna di politica monetaria espansiva restrittiva dovrebbe essere l’oro.
James A. Hyerczyk ha lavorato come analista finanziario fondamentale e tecnico del mercato dal 1982. James ha iniziato la sua carriera a Chicago come analista di mercato a termine per commercianti di pavimenti presso il CBOT e il CME, e da 36 anni fornisce analisi di qualità ai trader professionisti.