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Credit Crunch Italiano: tra pessimismo OCSE e ottimismo ABI

Da
Lorenzo Cuzzani
Pubblicato: Apr 17, 2015, 16:57 GMT+00:00

L'OCSE segue l'orientamento critico del Fondo Monetario Internazionale. Se questo aveva criticato l'Italia sull'annosa questione dei crediti in

Credit Crunch Italiano: tra pessimismo OCSE e ottimismo ABI
Credit Crunch Italiano: tra pessimismo OCSE e ottimismo ABI

L’OCSE segue l’orientamento critico del Fondo Monetario Internazionale.

Se questo aveva criticato l’Italia sull’annosa questione dei crediti in sofferenza, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico rincara la dose, affermando come l’accesso al credito rimanga difficile e costoso per le PMI e come la crisi abbia massimizzato le criticità in tal senso e allargato il divario tra il Bel Paese e il resto dell’Europa.

L’organizzazione internazionale parigina rende nota questa situazione nel suo studio sul finanziamento delle PMI nell’area industrializzata, presentato a Washington in occasione delle riunioni primaverili dell’FMI (fronte comune?) e della Banca Mondiale.

Secondo il rapporto, l’Italia è uno dei sei Paesi in cui lo stock di prestiti alle PMI nel 2013 resta sotto i livelli del 2007: il credito alle imprese ha continuato a crescere nei primi anni della crisi, dal 2011, ma con la seconda recessione ha iniziato una discesa che dal -1,1% del 2011 è progredita al -3,6% del 2013, contrariamente a quanto avvenuto nella maggior parte degli altri Paesi OCSE.

Particolare rilevante è il fatto che il calo del credito alle PMI sia stato più accentuato rispetto alle grandi industrie, con la quota di finanziamento bancario relativo alle prime, a livello di stock, rimasta invariata tra il 18% e il 19% del credito totale, nell’arco temporale 2007-2013: tale valore vanta il negativo primato di essere uno dei più bassi dei paesi OCSE.

A questo riguardo, l’OCSE fornisce i dati di Paesi nella sua sfera d’influenza, proponendo un chiaro confronto con realtà differenti tra loro, ma migliori dell’Italia: a guidare il virtuosismo nel finanziamento bancario troviamo la Svizzera con l’88,4%, seguita dal Portogallo con il 74% e dopo il Belgio, fermo al 67%. Il report prosegue, affermando come nel 2013 lo stock del credito relativo alle PMI si attestasse sui 191,4 miliardi di euro (186,7 miliardi del 2007) a fronte di 1.025 miliardi totali di credito alle aziende.

Per spiegare la situazione contingente, l’ente dello Château de la Muette si sofferma su un’analisi tanto elementare quanto efficace: mentre per la crisi le banche chiudono i rubinetti del credito, le aziende maggiori hanno potuto ricorrere più facilmente ad altre forme di finanziamento come le obbligazioni, mentre la grande maggioranza delle PMI continua ad essere vincolata in maniera sistemica dal credito bancario.

Evitando di inoltrarsi ulteriormente nell’esauriente analisi OCSE, quello che qui è opportuno mostrare è un’ambivalenza imponente sulla valutazione della situazione creditizia italiana: stigmatizzata in maniera veemente oltreoceano, difesa coscientemente e apprezzata entro i propri confini.

Intervenuto recentemente sulla questione, il direttore generale dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana), Giovanni Sabatini, pur ricordando come il QE sia solamente all’inizio della propria opera con effetti che saranno visibili o più visibili nel lungo periodo, si è espresso positivamente: “ I dati dimostrano che l’andamento del credito sta nettamente migliorando. Direi che questo è anche uno degli effetti del quantitative easing”. Ha poi continuato affermando: “ I dati mi sembrano siano tutti molto positivi, sia quelli delle imprese sia quelli delle famiglie, ma bisogna ricordare che veniamo da una situazione estremamente difficile, la ripresa è ancora estremamente debole, i rischi al ribasso comunque rimangono, soprattutto quelli geopolitici”.

La lettura di simili dichiarazioni appare semplice e immediata, ma contrasta in maniera netta con il rapporto dell’OCSE che a sua volta contrasta con il rapporto trimestrale dell’Eurotower di pochi giorni fa, il quale applaudiva l’Italia come eccezione nell’allargare le strette maglie dell’accesso al credito.

Emerge un’incertezza non indifferente circa il reale livello di standard creditizio italiano. Solo il tempo e i risultati potranno dirimere la questione.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

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