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Che ruolo ricoprono gli speculatori nel saliscendi del prezzo del petrolio?

Da
Barry Norman
Pubblicato: Jun 16, 2016, 08:19 GMT+00:00

I dati sulle riserve di petrolio greggio negli Stati Uniti diffusi mercoledì sono inferiori al previsto ma questo non basta a fermare il calo dei prezzi.

Che ruolo ricoprono gli speculatori nel saliscendi del prezzo del petrolio?

I dati sulle riserve di petrolio greggio negli Stati Uniti diffusi mercoledì sono inferiori al previsto ma questo non basta a fermare il calo dei prezzi. In seguito al rilascio dei dati il WTI si attesta a 48,22, in ribasso di circa 30 centesimi mentre il Brent cede mezzo dollaro e scivola a 49,31. A quanto sembra i più importanti speculatori hanno ancora una volta portato a termine un “pump and dump”, spingendo i prezzi verso nuovi massimi solo per vendere riportando il mercato ai precedenti livelli. Alcuni ritengono che la speculazione finanziaria giochi un ruolo ancora più importante nel determinare la volatilità del prezzo del petrolio che non i fondamentali in termini di offerta e domanda. Cosa sappiamo circa l’influenza del trading di derivati sulla volatilità del prezzo del petrolio?


Nelle precedenti ricerche si è spesso fatto riferimento alla mancanza di incrementi di scorte come prova dello scarso impatto dell’attività finanziaria sul prezzo del petrolio. Il costante aumento delle scorte verificatosi negli ultimi 18 mesi dovrebbe quindi spingerci a rivedere queste conclusioni? La riforma finanziaria ha modificato l’impatto dell’attività finanziaria sulla volatilità del mercato del petrolio? In caso affermativo, l’impatto è permanente o si evolverà ulteriormente ora che gli enti non bancari ricoprono ruoli che una volta venivano svolti dalle banche?
Le forti e rapide oscillazioni del prezzo del petrolio potrebbero aver prevalso su società, economia e politica globale. Le impennate del prezzo del petrolio possono frenare la crescita economica: per esempio, un improvviso crollo del prezzo potrebbe creare scompiglio fra le compagnie petrolifere a corto di liquidità. Per quanto riguarda i paesi, un prezzo del petrolio altalenante può provocare un buco nei bilanci preventivi governativi, portare a riforme economiche grossolane o magari da un giorno all’altro alterare le priorità geopolitiche.
Secondo Ole Hansel, capo strategista sui mercati di commodity per la Saxo Bank, la spinta verso un ribilanciamento del mercato dipenderà dalla crescita della domanda e il calo dell’offerta da parte dei paesi produttori non OPEC, quantomeno in Nord America.

Nel corso del mese di aprile l’Opec ha prodotto una quantità stimata in 33,2 milioni di barili al giorno, 1.700.000 in più dello scorso anno. “La 169ª riunione dell’Opec si è conclusa senza quel disaccordo a cui siamo stati abituati” aggiunge Hansen. “Le indiscrezioni prima della riunione riguardo l’introduzione di un nuovo tetto alla produzione non si sono concretizzate, ma con un mercato già in via di ribilanciamento, non si avverte necessariamente il bisogno di nuove iniziative”.
“Abbiamo visto invece il nuovo ministro dell’energia saudita Khalid al-Fali imbarcarsi in una serie di relazioni pubbliche di grande successo. Questo ha permesso di prevalere su diversi paesi produttori sotto pressione e desiderosi di nuove iniziative per produrre un ulteriore aumento del prezzo. Ora che è iniziato il processo di ribilanciamento, grazie a interruzioni perlopiù involontarie ai rifornimenti e un rallentamento della produzione da parte dei produttori ad alto costo al di fuori dell’Opec, non è il momento di prendere iniziative avventate”.
I sauditi hanno buone ragioni per poter affermare che “la strategia del pump and dump” si è rivelata un successo, nel senso che le quote di mercato sono state ristabilite e, aggiunge Hansen, miliardi di dollari di tagli da parte delle grandi compagnie petrolifere di tutto il mondo continueranno a sostenere il prezzo spingendolo col passare degli anni a livelli più alti per un lungo termine e in maniera sostenibile. Il pessimismo riguardo la ripresa del mercato del petrolio e i timori per le conseguenti del cosiddetto Brexit hanno spinto mercoledì i prezzi del petrolio in ribasso.
Le interruzioni ai rifornimenti nel breve termine provocate dagli incendi in Canada e dagli attacchi dei ribelli alle installazioni petrolifere in Nigeria, paese membro dell’Opec, non hanno pesato sulle dinamiche di mercato dato che la domanda di prodotti petroliferi si è impennata in parte a causa del calo del costo del petrolio. Con un mercato già in fase di ribilanciamento e in scia a una modesta crescita economica globale, il prezzo del petrolio greggio la scorsa settimana ha superato i $ 50 il barile per la prima volta da quasi un anno.
In un’indagine di Goldman Sachs si sostiene però che la ripresa sarebbe “fragile” dato che molti i fattori responsabili della pressione dal lato dell’offerta, in particolar modo in Canada, si sono alleggeriti.
La scorsa settimana Baker Hughes ha segnalato un incremento netto dell’attività delle piattaforme petrolifere in Nord America, una misura che indica come il prezzo stia spingendo ad aprire gli impianti di scisto negli Stati Uniti. I mercati petroliferi, già in calo dopo la diffusione dei dati OPEC secondo i quali equilibrio fra domanda e offerta mese su mese sarebbe invariato, hanno ulteriormente indebolito il mercato mercoledì mattina.

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