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BCE e FMI: diverse facce di una stessa medaglia

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Lorenzo Cuzzani
Pubblicato: Apr 16, 2015, 22:00 GMT+00:00

La situazione contingente la realtà europea, italiana in primis, seppur complicata, ospita una certezza: le banche si stanno ammorbidendo relativamente ai

BCE e FMI: diverse facce di una stessa medaglia
BCE e FMI: diverse facce di una stessa medaglia

La situazione contingente la realtà europea, italiana in primis, seppur complicata, ospita una certezza: le banche si stanno ammorbidendo relativamente ai criteri per la concessione del credito.

Emerge in tutta la sua chiarezza il risultato ottenuto dal governatore Mario Draghi, grazie alle manovre finanziarie LTRO, TLTRO e in special modo Quantitative Easing: finalmente si registra una contrazione dell’endemico credit crunch, ma con una sorpresa; se solitamente il Bel Paese guida il novero di Stati “fanalino di coda” per quanto riguardi il recepimento di misure comunitarie e la loro esecuzione, stavolta la Nazione serra le fila dei primi della classe.

Mentre in tutta Europa le maglie dei criteri di concessione creditizia si allargano in maniera progressiva e flemmatica, l’Italia, a braccetto con Francia e Olanda, costituisce quell’eccezione che vanti un contrasto al credit crunch che Francoforte definisce “considerevole”.
In questo modo è più facile accogliere in maniera favorevole e concreta l’ondata della domanda di nuovi prestiti prevista dalla banche UE nei mesi successivi, dando un segnale forte di stabilità e forza sia dentro i confini nazionali, sia fuori.

Nel dettaglio, si osserva come gli elementi che abbiano determinato un allentamento rilevante degli standard di credito siano fondamentalmente tre: il primo si compone dei costi di finanziamento delle banche, il secondo degli stretti spazi di manovra di bilancio e il terzo delle pressioni competitive.
Per rigor di cronaca, bisogna evidenziare come i primi due fattori ineriscano l’Italia e la Francia, il terzo invece, l’Olanda.

Riguardo l’Italia,è importante sottolineare come la condizione peculiare delle aziende e una tolleranza al rischio maggiore da parte delle banche abbiano costituito una una grande lama che tagliasse le spesse catene degli standard creditori nostrani: situazione questa, non riscontratasi negli altri grandi Paesi dell’Eurozona.

Ancora una volta, le banche italiane hanno dato una dimostrazione di forza e lungimiranza, parlando attraverso fatti concreti e trovando riconoscimento comunitario, fattore non secondario per mettersi in mostra verso interlocutori stranieri.

Restando in orbita italiana, vale la pena di prendere in prestito un proverbio omonimo: “non è tutto oro quello che luccica”.
Quest’espressione colorita è il modo più consono e adeguato per indicare l’ambivalenza bancaria italiana, il cui splendore illumini una sola faccia della moneta, ma non l’altra.

A guastare questa radiosità con ombre non indifferenti ci ha pensato il Fondo Monetario Internazionale, secondo il quale l’Europa, più in particolare l’Italia, vanti un grande primato negativo in termine di credito “incagliato”, che si erga a criticità dalla sistematicità ineffabile e dalla risoluzione tempestiva e cogente.

Se Josè Vinals, responsabile del Global Financial Stability Report del Fondo Monetario Internazionale, ha mantenuto un profilo critico generico, non puntando il dito specificamente sull’Italia, ma non escludendola, dal momento che il peso dei 900 miliardi di euro di prestiti in sofferenza erogati dal Fondo includa anche e soprattutto istituti bancari italiani, (“Nonostante i progressi, le banche appesantite hanno meno incentivi a fare credito e sono meno redditizie”), più severo e parziale è stato il suo collega Oliver Blanchard, per il quale le banche italiane “sono in peggiori condizioni” di quelle di molti altri Paesi europei.

Il dilemma dei crediti in sofferenza è sicuramente un qualcosa di endemico a livello nazionale e sovranazionale, ma non può e non deve diventare un buco nero che divori e annichilisca quanto di buono fatto finora dalle banche italiane, né chiaramente può essere sottovalutato, ma considerato come parte di un sistema, quello bancario e finanziario, che sta provando a rialzare la testa e a spezzare quel circolo vizioso che nutra la stagnazione dell’economia reale.

In questo momento, lanciando la moneta italiana si ha il 50% di probabilità di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: una nazione come l’Italia non può accontentarsi di una probabilità su due di riuscire nella sua ripresa.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

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