Il dollaro ha chiuso in rialzo la scorsa settimana, dopo che Draghi ha assunto un atteggiamento da colomba e ha promesso più incentivi durante il prossimo
“Sarà pertanto necessario rivedere ed eventualmente riconsiderare le nostre posizioni di politica monetaria nel nostro prossimo incontro che si terrà ai primi di marzo”, ha dichiarato lo scorso giovedì Draghi, aggiungendo che “Lavoreremo in modo tale da assicurare che vi siano tutte le condizioni tecniche per garantire l’intera gamma di opzioni politiche necessarie”. Le affermazioni di Draghi lasciano intendere che la Banca Centrale Europea sia favorevole all’approvazione di nuove misure di stimolo durante l’incontro di marzo.
L’attenzione dei trader ora si è spostata sugli incontri previsti questa settimana di altre tre banche centrali, ossia la Banca del Giappone, il Fomc e la Rbnz. Si prevede che il meeting della BoJ possa causare volatilità per lo yen per tutta la settimana, mentre non ci si attendono grandi sorprese dall’incontro del Fomc.
Venerdì scorso, la pubblicazione di un rapporto sul sul quotidiano Nikkei Business ha pesato notevolmente sullo yen e ha impresso una forte accelerata al mercato azionario giapponese. Nel documento si afferma che la BoJ sta considerando la possibilità di introdurre nuove misure di stimolo per contrastare la caduta del prezzo del petrolio e per garantire un apprezzamento dello yen. “Molto probabilmente, gli incontri della Fed e della BoJ saranno gli ingredienti giusti per un recupero della fiducia”, ha affermato Ayako Sera, un’ analista di mercato della Sumimoto Mitsui Trust Bank. In ogni caso, Sera dubita che la BoJ introdurrà queste misure nel corso della prossima riunione. Sempre secondo Sera, il presidente della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda, “non è nelle condizioni di poter annunciare un nuovo allentamento della politica monetaria o di compiere ulteriori passaggi decisivi in tal senso”
Durante la sessione asiatica, lo yen è stato negoziato a quota 118,73, guadagnando così 5 punti. In base ad alcuni dati resi noti stamattina, le importazioni e le esportazioni si sono contratte più del previsto durante le battute finali del 2015, ma nel complesso hanno portato a un surplus degli scambi, che raggiungono il livello più alto registrato da marzo scorso. Le esportazioni si sono ridotte di 8 punti percentuali su base annua a dicembre, una contrazione piuttosto rilevante che non era stata presa in considerazione in tutta la sua gravità dagli economisti che, nel mese di novembre, avevano previsto una riduzione rispettivamente del -3,3% e del -7%.
Dopo lo storico rialzo dei tassi di interesse del dollaro attuato a dicembre, il primo dopo più di nove anni, anche la Fed non sembrerebbe intenzionata a prendere ulteriori misure. Tuttavia, come risulta dalle sue dichiarazioni, la banca centrale degli Stati potrebbe mostrare una certa cautela sui futuri rialzi dato il contesto di bassa inflazione.
Altre situazioni di volatilità potrebbero arrivare dalla Cina poiché, per quanto non ci siano eventi in programma, le dichiarazioni rilasciate dal Fondo Monetario Internazionale hanno catturato l’attenzione del mercato.
La volatilità del mercato finanziario globale è divenuta una sorta di “nuova normalità”, mentre gli effetti delle fluttuazioni del mercato cinese sono stati esagerati rispetto alla realtà, come ha dichiarato un funzionario del Fmi lo scorso venerdì. Il vice direttore del Fmi ha ribadito queste osservazioni durante un’intervista alla Xinhua a margine del 46esimo incontro annuale del World Economic Forum di Davos in Svizzera.
I mercati finanziari hanno bisogno di maggiore trasparenza su come le autorità cinesi stiano gestendo la loro valuta, in particolare hanno bisogno di chiarimenti sulle relazioni dello yuan con il dollaro, ha dichiarato il direttore del Fmi Christine Lagarde sabato scorso.
Forti oscillazioni dello yuan hanno contribuito, insieme alla rapida contrazione dei prezzi del petrolio, alla volatilità del mercato globale già dagli inizi del 2016.
Il governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda, rivolgendosi allo stesso panel del World Economic Forum di Davos, ha sostenuto di essere convinto che la Cina debba usare controllo sui capitali per stabilizzare le propria valuta allentando la stretta sulla politica monetaria nazionale.
Giovedì, un funzionario cinese ha affermato che è intenzione di Pechino disancorare la sua valuta rispetto al dollaro, il tutto mentre dai vertici del FMI è arrivata la richiesta di migliorare la comunicazione con i mercati sui eventuali mutamenti del al regime di cambio. Per anni, la Cina ha agganciato il valore dello yuan al dollaro, ma la banca centrale cinese aveva già annunciato a dicembre la sua intenzione di rimuovere l’ancoraggio alla valuta statunitense per gestire lo yuan contro un paniere di 13 valute.