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La situazione pensionistica italiana

Da
Lorenzo Cuzzani
Pubblicato: Jul 16, 2015, 00:36 GMT+00:00

Il recente rapporto annuale dell'INPS fotografa una situazione pensionistica tutt'altro che rosea, in netto contrasto con l'attuale aspro dibattito

La situazione pensionistica italiana
La situazione pensionistica italiana

Il recente rapporto annuale dell’INPS fotografa una situazione pensionistica tutt’altro che rosea, in netto contrasto con l’attuale aspro dibattito tricolore che alimenta la polemica sulle pensioni dall’entità smisurata.

I numeri dell’analisi vantano un certo rilievo, specialmente il dato concernente il livello di ricchezza , o per meglio dire, povertà, che investe il 42,5% dei pensionati: sono 6,6 milioni i destinatari di una pensione inferiore a 1.000 euro al mese.

Proseguendo, il rapporto illustra come tale categoria consumi solo il 18,9% della spesa complessiva, avendo ricevuto nel 2014 una cifra di poco superiore ai 50 miliardi di euro.
Sono 21 i milioni erogati dall’INPS in pensioni previdenziali e prestazioni di natura assistenziale verso le oltre 15,5 milioni di unità riceventi, per una spesa lorda complessiva che nel 2014 ha toccato i 269 miliardi (+0,9% sul 2013).

Sempre nel 2014, la spesa previdenziale di 243,4 miliardi di euro ha conosciuto una crescita di 0,6 punti percentuale rispetto all’anno precedente, mentre superiore è stata l’ascesa di quella assistenziale, i cui 26,27 miliardi hanno nutrito un progresso del 4%.
Nel dettaglio: sono 7,2 milioni i pensionati uomini, costituendo il 46,4% del totale ed essendo destinatari del 55,3% della spesa; le donne risultano essere un numero maggiore, precisamente 8,3 milioni pari al 53,6% del totale, ma recepiscono solamente il 44,7% della spesa.

Capitolo media di reddito: il reddito pensionistico medio si compone di 1,323 euro al mese, sottolineando una netta forbice economica tra uomini e donne, attestandosi i primi a 1.577 euro al mese, le seconde a 1.103, mentre i due terzi del totale, 10,2 milioni di persone su 15,5, conseguono una pensione inferiore a 1.500 euro al mese.
Situazione completamente opposta per i 724.000 pensionati di fascia alta, il cui reddito pensionistico mensile supera i 3.000 euro al mese; la spesa per chi superi i 2.500 euro mensili raggiunge e supera i 60 miliardi di euro, in contrasto con i 50 dell’insieme di cui all’inizio, vale a dire i 6,6 milioni di pensionati sotto i mille euro mensili.

Relativamente alla fascia bassa, sempre secondo i dati forniti dall’INPS, i pensionati appartenenti al gruppo fino a 500 euro (1,88 milioni) ricevono in media 286 euro al mese, mentre quelli tra i 500 e i 1.000 euro (4,73 milioni di persone) percepiscono in media 707 euro al mese. Il 4,6% dei pensionati con redditi più alti (oltre 3.000 euro) assorbe il 15,2% della spesa con una media mensile di 4.335 euro.

A fronte di tali dati di specie, l’INPS comunica di aver conseguito un risultato economico di esercizio negativo per 12,7 miliardi di euro, affiancato da un disavanzo finanziario di competenza di 7,8 miliardi, ma affrettandosi a gettare acqua sul fuoco rassicurando che la sostenibilità del sistema di sicurezza sociale ‘”non è a rischio”, anche in virtù del progresso registrato nel patrimonio netto, passato da 9.028 a 17.952 milioni di euro grazie al ripianamento dei debiti verso lo Stato dell’ex INPDAP di 21,7 miliardi di euro.

Una chiosa sulla questione arriva direttamente da Tito Boeri, Presidente dell’ente previdenziale titolare dell’analisi: ”Le regole del sistema contributivo consentono una certa flessibilità in uscita. Flessibilità sostenibile significa che chi va in pensione prima deve spalmare il montante contributivo su più mesi rispetto a chi va in pensione più tardi”.

Affermazione condivisibile, quella del Presidente dell’INPS, ma concetto che è volano di scontri nel dibattito pensionistico specie con i sindacati, ma la cui ratio non può che essere perseguita: la flessibilità di un sistema pensionistico che in qualche modo -premi- chi vada in pensione dopo e quindi aumenti la propria capacità contributiva sembra essere un modo plausibile per rispettare un principio di proporzionalità del lavoro svolto che dia diritto ad un giusto contributo previdenziale.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

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