Pubblicita'
Pubblicita'

La normativa comunitaria sposta la responsabilità bancaria

Da
Lorenzo Cuzzani
Pubblicato: Jul 11, 2015, 00:26 GMT+00:00

Il 2 luglio 2015, la Camera ha approvato la legge di delegazione europea recependo 56 direttive e 9 decisioni quadro della UE, riducendo ancor di più il

La normativa comunitaria sposta la responsabilità bancaria
La normativa comunitaria sposta la responsabilità bancaria

Il 2 luglio 2015, la Camera ha approvato la legge di delegazione europea recependo 56 direttive e 9 decisioni quadro della UE, riducendo ancor di più il numero di procedure d’infrazione a carico dello Stato, attualmente 92.
Largo consenso per il “bail-in”, dal momento che vanta 270 voti favorevoli, 113 contrari e 22 astenuti: un consenso di oltre i 2/3 è una dimostrazione d’intenti non indifferente, anche se qui forse è più corretto parlare di una percentuale massiva di irresponsabilità.

Il cosiddetto “bail-in altro non è che un nuovo sistema di rischio contrapposto al “bail-out”: il secondo presuppone che in caso di crisi finanziaria intervenga lo Stato con apporti esterni, il primo ricerca all’interno degli stessi intermediari finanziari le risorse tramite il coinvolgimento di azionisti e creditori.

In sostanza, la ratio di un simile sistema sposta completamente la responsabilità in caso di crisi da un ente sovrano preposto a far fronte a ogni evenienza, lo Stato, verso soggetti la cui capacità contributiva è doppiamente sfruttata, sia in qualità di contribuente, sia di garante. Si perché la norma che entrerà in vigore da gennaio 2016 prevede che per i depositi superiori ai 100.00 euro non ci sarà garanzia, in caso di qualunque fenomeno di crisi finanziaria, anzi, coerente con il disposto della norma, le risorse necessarie a salvare la o le banche andranno ricercate proprio nei risparmiatori, ledendo quindi un principio base che assicuri i correntisti al momento dell’apertura del conto corrente.

È vero, in Europa esiste un precedente, il caso di Cipro, ma specialmente in tempi dove la Grecia ha insegnato (più corretto dire costretto) a rimodulare i diktat di austerity provenienti da Bruxelles, con a capo la Germania, appare curiosa la scelta di recepire una norma che segni un amarcord con il prelievo forzoso del 6×1000 che l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuliano Amato, operò la notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992.

Certo, i correntisti titolari di conti sotto la soglia di 100.000 euro non saranno interessati da questa forma di “intervento interno”, quindi non parteciperanno al risanamento bancario, rimanendo tutelati: emerge come la norma discrimini in maniera trasversale alcuni titolari di conti correnti, i quali, al di là dell’entità del proprio patrimonio, hanno il diritto di essere tutelati, in un sistema sempre più orientato a privilegiare le banche a discapito dei soggetti attraverso i quali queste si sostentano, considerando anche la normativa sulla trasparenza e sulla sempre meno accentuata circolazione di contanti. Benissimo la trasparenza, ma questa deve essere a tutela del cittadino, non della banca.

È utile riprendere il testo letto nell’Aula della Camera, da cui possono trarsi diversi spunti.

“Sono escluse dall’applicazione del bail-in alcune categorie di passività, segnatamente quelle più rilevanti per la stabilità sistemica o quelle protette nell’ambito fallimentare, come i depositi di valore inferiore a 100.000 euro, le obbligazioni garantite da attivi della banca, i debiti a breve sul mercato interbancario. Altre categorie di passività potranno essere escluse dall’autorità di risoluzione, in casi particolari, sulla base di una valutazione specifica degli effetti sulla stabilità sistemica e del possibile contagio”.

Nel periodo di cui sopra è evidente l’arrogarsi, da parte dello Stato, di un potere decisionale e gestionale relativo ai risparmi dei contribuenti dal sapore propriamente sperequativo rispetto all’ordinamento democratico che l’Italia ospita e nel quale ha scelto di essere ospitata.
Rimangono scelte dal carattere puramente futuribile, ossia a seconda di come andranno le cose, senza essere fissati chiaramente criteri stringenti di regolamentazione della materia.

Prosegue la scheda di lettura che ha accompagnato la lettura del testo in Aula: “Nell’allocazione delle perdite dovrà essere rispettata la gerarchia prevista dalla direttiva, che in parte modifica quella concorsuale prevedendo, tra l’altro, che i depositi superiori a 100.000 euro detenuti dalle persone fisiche e dalle piccole e medie imprese siano colpiti dopo gli altri crediti chirografari. In ogni caso, il trattamento riservato agli azionisti e ai creditori nell’ambito della risoluzione non potrà essere peggiore rispetto a quello che essi avrebbero subito in caso di liquidazione coatta amministrativa”.

È fatto salvo il diritto dei creditori chirografari, quelli che vantino il diritto di essere rimborsati per prima nella gerarchia creditoria: disposizione ineccepibile, così come quella sulla parità di trattamento in caso di liquidazione coatta amministrativa, ma quello che rileva non è tanto la precisione con cui la norma provveda a compiere simili calcoli di pareggio o di graduatorie, ma che preveda un intervento massivo nel patrimonio privato di un soggetto, costruito sul lavoro, che è un diritto costituzionalmente garantito, venendo qui non più tutelata un’adeguata retribuzione, in quanto passibile di cambio di destinazione.

È lapalissiano come una simile disposizione possa aprire scenari inquietanti, rendendo possibile, almeno in potenza, che a pagare per la mala gestio bancaria e finanziaria siano gli stessi soggetti senza i quali tale mondo non esisterebbe neanche.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

Pubblicita'