Il dollaro Usa ha recuperato terreno nel corso della sessione asiatica ed è cresciuto di qualche punto fino a 98,09 dopo le giornate particolarmente
Venerdì Wall Street ha chiuso in territorio positivo tanto da spingere il NASDAQ al massimo degli ultimi 15 anni e permettere allo S&P 500 di interrompere una serie negativa durata 3 settimane. Wall Street si è giovata in particolar modo dei guadagni realizzati da Nike e altre società biotecnologiche. Poco prima della chiusura di sessione, il mercato è stato investito da un incremento della volatilità dovuto alla concomitanza di 4 fattori: la scadenza di stock option, index option, index future e single-stock future.
I mercati europei hanno chiuso ampiamente in territorio positivo per via dell’ottimismo degli investitori circa la possibilità di un accordo fra la Grecia e i suoi creditori. Il primo ministro ellenico Alexis Tsipras ha accettato di sottoporre ai propri partner già nei prossimi giorni un pacchetto di riforme, definendosi più sereno dopo gli incontri con il cancelliere tedesco Merkel e altre figure chiave dell’Eurozona a margine degli ultimi due giorni di summit dei paesi Ue.
Stamattina l’euro si muove piatto a 1,0820 dopo il rally della scorsa settimana, quando rimbalzò a 1,082 (venerdì) al culmine di 5 giorni particolarmente volatili; ha aperto la sessione odierna a 1,0790 e dovrebbe risentire di una certa volatilità sino a stasera, quando parlerà il presidente Bce Draghi. La sterlina britannica viaggia a 1,4924 dopo essersi apprezzata rispetto ai livelli attorno a 1,47 della scorsa settimana. È probabile che l’incertezza sull’esito delle elezioni nel Regno Unito la manterrà sotto pressione.
Lo yen giapponese viaggia invece in territorio negativo a 120,06 e si mantiene all’interno del suo range abituale dopo la dichiarazione BoJ della scorsa settimana. La divisa nipponica continua frattanto a crescere, portandosi a 119,84 in apertura di sessione odierna: il fatto è che la notizia di un dissidio fra il primo ministro Abe e il numero uno della banca centrale Kuroda sta incidendo negativamente sulle quotazioni dello yen. Il premier vorrebbe maggiori stimoli monetari nell’economia mentre per il momento il governatore centrale preferisce adottare una stance attendista. Allo stesso tempo, lo scarto fra le rispettive ricette di politica fiscale funzionali ad abbattere il gargantuesco debito pubblico del Giappone (che al 230% del Pil è il doppio di quello statunitense e 50 punti più alto del tanto criticato debito greco) è stato sinora mascherato dalla determinazione che accomuna entrambi nel combattere la deflazione. Al principio, la percezione di un’unità di intenti è stata decisiva per rassicurare e far cambiare attitudine a imprenditori, mercato e consumatori, così da render efficaci le misure di stimolo adottate nonché conseguire il target inflattivo. Eppure, la maschera è iniziata a scivolare già lo scorso anno quando Abe decise di rinviare un secondo rialzo dell’iva, rendendo molto più complesso per il Giappone il raggiungimento dei suoi obiettivi fiscali.
Nel corso della sessione asiatica prosegue il rally di Aussie e Kiwi grazie al momento di debolezza del dollaro. L’Aussie è negoziato in rialzo di 51 punti a 0,7825 mentre il Kiwi di 73 punti a 0,7640. Le due divise hanno infatti beneficiato delle ultime dichiarazioni delle autorità monetarie Usa, le quali per il momento non sarebbero intenzionate ad accelerare il processo di normalizzazione della politica monetaria.