L'alta finanza statunitense si avvicina sempre più alle criptovalute
L’interesse della finanza statunitense verso il comparto tecnofinanziario non accenna a diminuire. E non si allude qui alla vicenda di Goldman Sachs.
Bloomberg diffonde la notizia secondo cui Morgan Stanley si sarebbe decisa a inserire il Bitcoin nel novero degli strumenti d’investimento.
La tipologia è ancora ignota, ma si tratterebbe di contratti legati al trend della divisa digitale nakamotiana.
Secondo Bloomberg, lo strumento non verterebbe la compravendita di Bitcoin per limare il rischio.
Morgan Stanley permetterebbe ai propri clienti di stipulare contratti legati direttamente al trend del BTC ma dalla struttura indiretta, proprio escludendone l’acquisto. Una tipologia molto simile al trading tradizionale, dove si scommette sull’andamento di un determinato bene senza averne la detenzione.
Una struttura che ricorda concretamente i derivati, anche se non è chiaro se vi sia o meno investimento con leva finanziaria.
Quel che rileva è che la banca newyorchese è sicura di fornire ai propri clienti uno strumento d’investimento dal ROI (return of investment) interessante, specie considerando i volumi oscillatori che da sempre hanno caratterizzato la criptovaluta più famosa al mondo.
Il lancio di questa nuova offerta finanziaria, sempre secondo Bloomberg, attenderebbe un’approvazione interna e poi sarebbe pronto.
Morgan Stanley potrebbe costituire una realtà apripista importante nella città che non dorme mai.
Apripista si, ma non fenomeno isolato.
È storia recente come anche Citigroup abbia lanciato un’iniziativa inerente il BTC, proprio in relazione all’andamento e senza la detenzione.
Attraverso il DAR (Digital Asset Receipt) sarà possibile investire in criptomonete senza possederle, dal momento che tale strumento funziona come una depositary receipt (un certificato negoziabile emesso da una banca, rappresentante azioni in società straniere che possono essere scambiate in borsa), strumento molto in voga negli Stati Uniti d’America.
In questo modo gli investitori potranno avere la possibilità di investire in mercati che non siano presenti sul suolo statunitense. Al contempo saranno tutelati perché investirebbero in criptovalute attraverso uno strumento che per struttura è all’interno di un regime regolamentato. Di qui, meno rischi derivanti da volatilità estreme ma soprattutto da inesperienza.
Osserviamo meglio la struttura del DAR.
La criptomoneta è detenuta da un custode, con il sopracitato DAR emesso dalla banca guidata da Michael Corbat. La banca avvisa la Depositary Trust & Clearing Corporation, un intermediario di Wall Street che fornisce servizi di trasparenza e assistenza, che il custode ha emesso una ricevuta.
In questo modo si conferisce all’operazione un importante strato di legittimità e si dà agli investitori un modo per avere traccia del proprio investimento. Il tutto dentro un sistema con cui gli stessi hanno già familiarità.
Se da una parte è chiaro che un simile progetto prenda le mosse da una sinergia tra le banche dei mercati finanziari, non è ancora chiaro a che punto sia lo sviluppo del progetto e il suo conseguente lancio. Sebbene il colosso finanziario della city abbia avviato i contatti con i potenziali partner.
Sembra che la realtà criptovaloriale stia entrando sempre più bel business delle grandi banche d’affari.
Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.