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Investire nel fintech. Ecco dove si sta affermando la tecnofinanza

Da:
Fabio Carbone
Aggiornato: Apr 15, 2022, 12:23 UTC

Investire nel fintech è una buona opzione di diversificazione? Ecco dove si sta affermando la tecnofinanza e quali gli scenari futuri.

Investire nel fintech

Investire nel fintech conviene? Il termine fa la sua comparsa in Italia nel 2014, eppure la fusione tra la tecnologia e la finanza ha radici lontane se si pensa che il Nasdaq è nato come Borsa del tutto informatizzata più di 50 anni fa.

Qui vogliamo affrontare in modo ampio il tema di investimento del fintech, per capire in quali ambiti trova maggiore applicazione e in che modo la tecnofinanza aiuta le imprese a fare business oggi.

Comprendere ciò, sarà utile a capire se investire nel fintech conviene. Vedremo anche qualche ETF fintech dedicato su cui investire.

Cos’è il fintech

Possiamo definire il fintech come il complesso di società che offrono servizi e prodotti innovativi legati al settore bancario, finanziario e della gestione del risparmio tramite soluzioni tecnologiche e con un ridotto coinvolgimento dell’uomo (fonte: Treccani.it).

Tecnofinanza è la traduzione italiana più appropriata del neologismo fintech, un termine che deriva appunto dalla fusione delle parole financial e technology.

Gli ambiti di applicazione principali della tecnofinanza

La tecnofinanza coinvolge più settori, e ovviamente l’informatico e il finanziario sono i principali, ma anche i servizi di comunicazione e l’industria nel suo insieme giocano un ruolo nel fintech.

In concreto ecco gli ambiti di applicazione principali della tecnofinanza:

  • mobile banking: servizi bancari offerti a partire dal dispositivo mobile (smartphone);
  • insurtech: l’assicurazione personalizzata per ogni cosa e attività della nostra vita;
  • pagamenti digitali: per l’acquisto di prodotti online e nei negozi fisici;
  • supporto all’ecommerce: infrastrutture di pagamento e servizi per l’incasso sulle vendite;
  • P2P lending: prestiti di denaro tra privati attraverso apposite piattaforme online;
  • open banking: accesso autorizzato ai dati bancari e finanziari personali da parte di società fintech terze;
  • software fintech: tutte le attività fintech vengono gestite attraverso appositi software gestionali e di controllo, come i software di analisi finanziaria;
  • criptovalute e tecnologia blockchain: le crypto rappresentano la versione più avanzata delle monete, mentre i protocolli blockchain stanno aprendo orizzonti mai sperimentati tra cui la finanza decentralizzata (DeFi), l’arte digitale (NFT);
  • trading online: le piattaforme di trading online rappresentano i primi esempi di come il fintech poteva avvicinare la finanza e il grande pubblico;
  • finanza del metaverso: alcune banche come JPMorgan hanno già simbolicamente aperto la prima sede nel metaverso, l’inizio di una finanza parallela(?).

In che modo la tecnofinanza aiuta le imprese a fare business

Se prendiamo come esempio i servizi di pagamento digitali, essi rappresentano la porta di accesso ai beni e servizi (fisici e digitali) accessibili attraverso Internet.

I pagamenti digitali permettono ai singoli, ai commercianti, alle piccole e medie imprese, e alle grandi società di capitali, di compiere transazioni economiche a qualsiasi ora, in qualsiasi giorno dell’anno e a qualsiasi distanza: Spazio compreso.

Le prossime frontiere dei pagamenti digitali sono il metaverso, e più in là lo Spazio “affollato” dai turisti spaziali.

Il social lending, ovvero i prestiti tra privati (P2P lending), offrono l’accesso al credito anche ai non più bancabili o a quanti hanno in mente progetti che richiedono prestiti di piccolo importo e che per questo non otterrebbero il prestito da nessuna banca o finanziaria.

La frontiera in fase di sviluppo è il P2P lending decentralizzato, sull’Ethereum network in particolare, ma ci sono varie criticità da superare sul piano tecnologico e normativo.

Questi sono solo alcuni degli scenari in cui il fintech trova pratica attuazione, o ne troverà in futuro, a tutto vantaggio dello sviluppo delle imprese e della loro prosperità.

Rischi dell’investire nel fintech

Prima di investire nel fintech, bisogna essere consapevoli che il settore abbraccia un ampio insieme di nicchie e che si intreccia con molti altri settori a loro volta considerati investimenti tematici a sé stanti: vedasi l’e-commerce.

Bisogna considerare alcuni rischi nell’investire nel fintech, che possiamo così sintetizzare:

  • fallimento della tecnologia;
  • vulnerabilità dei software utilizzati e furto di capitali;
  • non conformità alle normative nazionali e internazionali;
  • rapida evoluzione delle tecnologie;
  • truffe;
  • precoce esaurimento delle nicchie.

Quelli elencati sono solo alcuni dei rischi che potrebbero causare battute d’arresto nel settore del fintech o portare a rapidi cambiamenti di scenario difficili da anticipare e comprendere per tempo.

La tecnologia sottostante corre veloce e nuovi modi di presentare lo stesso servizio si passano il testimone in poco tempo. Un esempio è il P2P lending centralizzato che compete con quello decentralizzato, quest’ultimo favorito dalla finanza decentralizzata.

Tuttavia, le stesse tecnologie possono fallire. Nessuno, infatti, può dire che useremo ancora le criptovalute fra 15 anni, esse potrebbero essere sostituite dalle valute digitali delle banche centrali (euro digitale) o comunque diventare marginali rispetto ad oggi.

E ancora. Il trading online centralizzato e decentralizzato troveranno un punto di equilibrio o uno dei due è destinato a prevalere sull’altro?

Difficile prevedere con anticipo di 10 o più anni cosa sceglieranno le persone in tema di servizi finanziari. Per questo motivo, investire nel fintech è strategico ma in un’ottica di più ampia diversificazione del capitale.

ETF Fintech su cui investire

Veniamo ora agli ETF fintech su cui investire. Ne proponiamo un paio facilmente accessibili perché scambiati in euro sulla Borsa di Milano e la Borsa di Francoforte.

Il primo è il Global X Fintech UCITS (FINX), collegato all’indice Indxx Global FinTech Thematic v2. Il fondo è a gestione passiva e mira a fornire un’esposizione alle società quotate in borsa nei mercati sviluppati che forniscono prodotti e servizi di tecnologia finanziaria, comprese le società coinvolte nei pagamenti mobili, nei prestiti peer-to-peer (“P2P”) e fra utenti di piattaforme online, nei software di analisi finanziaria e nelle valute alternative come le criptovalute. Il fondo prevede una spesa dello 0,60% per spese correnti, il rischio è 7 su 7, qui il KID. Prezzo 8,64 euro per quota.

Il secondo ETF fintech che presentiamo qui è l’Invesco KBW Nasdaq Fintech UCITS ETF Acc (KFTK), disponibile anche in questa versione è quotato a Francoforte. Come suggerisce il nome dell’ETF della tecnofinanza, esso è legato ad un indice composta da un paniere di azioni quotate al Nasdaq. L’indice è il KBW Nasdaq Financial Technology. L’ETF offre esposizione alle società quotate negli USA che utilizzano il canale tecnologico per distribuire prodotti e servizi finanziari come pagamenti, dati, online banking, prestiti e software. 50 le società incluse. Oltre gli USA sono rappresentati il Canada e il Puerto Rico. La commissione di gestione è dello 0,49%, prezzo del NAV 37,96 euro, qui il KID.

Conclusione

Abbiamo appreso che investire nel fintech significa prendere in considerazione molte tecnologie digitali, valutare più nicchie e che il tema di investimento si intreccia fortemente ad altri.

I big-data e l’intelligenza artificiale, ad esempio, giocano un ruolo cruciale per il futuro sviluppo dei servizi fintech. Già oggi questi due campi dell’Industria 4.0 garantiscono alla tecnofinanza automatismi e riduzione dei tempi altrimenti impensabili.

Il futuro degli investimenti nel fintech sono tutti da scrivere, ma risulta evidente che la più capillare digitalizzazione a cui stiamo andando in contro non potrà che favorire l’evoluzione e la crescita della tecnofinanza.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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