Il Bitcoin non riesce ad affrancarsi dall'alone di non credibilità che ha contribuito ad alimentare
La flessione del BTC non sembra arrestarsi.
La criptovaluta di Satoshi Nakamoto vale oggi 8.769,68 dollari, mostrando un ribasso valoriale di ben 60 punti percentuale rispetto al picco registrato a dicembre 2017.
Abbiamo spesso parlato di cause e concause, oggi risulta opportuno annoverare nella trattazione causale alcuni elementi contingenti da annoverare nella crisi criptovalutaria sia come agenti, sia come spunti di riflessione.
L’ennesima critica alla criptomoneta più famosa al mondo giunge dall’eminente voce di Agustin Carstensè, direttore generale della Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS), maggiore ente finanziario internazionale al mondo in ordine alla cooperazione tra banche centrali.
L’invettiva del n.1 della banca svizzera ripete e riprende quanto già detto da altri, basandosi su una appunto spesso mosso alla regina delle valute digitali: “Bitcoin è una combinazione di una bolla, uno schema Ponzi e un disastro ambientale, minaccia la stabilità. Le banche centrali intervengano per arginare i rischi”.
Non sorprende come un esponente d’alto rango delle banche centrali si scagli contro una forma di ricchezza digitale per sua natura slegata dal circuito ufficiale centrale.
Per quanto l’opinione di Carstensè sia da tenere in considerazione, d’altra parte appare palese una congrua quota di conflitto d’interessi tra la critica rivolta al BTC e l’orientamento che da direttore della BIS esprime.
Stante quanto affermato sopra, riportando la trattazione in termini squisitamente analitici, un biasimo così aspro verso il BTC non può che alimentare la sistemica caduta valoriale che il cross BTC/USD ha mostrato fino a oggi, in virtù di un’estrema sensibilità del mercato di riferimento che non abbiamo mai mancato di sottolineare.
Coerente con la critica di cui sopra e altrettanto di rilievo è la previsione dell’università di Harvard, che attraverso il professore di economia Kenneth Rogoff sostiene un futuro a tinte fosche per il Bitcoin.
Nel dettaglio, così Rogoff: “Penso che tra dieci anni il Bitcoin varrà una piccola parte di ciò che vale ora… vedrei 100 dollari come molto più probabile di 100mila; se vengono eliminate le possibilità di riciclaggio di denaro e di evasione fiscale, il suo utilizzo come veicolo di transazione è molto ridotto”.
Quanto affermato sopra si inserisce nel quadro degli scettici, anzi, dei detrattori più convinti (per esempio Nouriel Roubini) del BTC. Quel che non può essere sottovalutato è l’eminenza della voce cui la critica prenda le mosse, trattandosi dell’ex guida del Fondo Monetario Internazionale nonché membro del Gruppo dei Trenta.
La posizione di Rogoff serra le fila di tutta quella parte della dottrina economica e istituzionale che ravvisa nel mondo cripto e in special mondo nel BTC un veicolo di illiceità la cui funzione maggiore sarebbe da ravvisarsi nell’evasione fiscale e nel riciclaggio a ogni livello.
È chiaro come un endorsement così massivo verso il collegamento tra BTC e illeceità fiscale, in particolar modo legata al dark web, non possa che acuire un discredito valoriale ormai noto ai più.
In ultima analisi, giova riportare un altro evento che fornisce quasi la prova delle preoccupazioni di cui sopra, certificandone l’effettivo rischio. Il Wall Street Journal richiama l’attenzione del pubblico su due attacchi hacker avvenuti nel 2018 sulle piattaforme CoinCheck e BitGrail, con il risultato di elevare le perdite di investitori BTC a ben 1,4 miliardi di dollari negli ultimi quattro anni.
Tale furto consta di un’eco ancor più estesa se si considera come il Bitcoin sia la criptovaluta più scambiata al mondo e per questo passibile di creare un effetto domino che investa tutte le altre valute digitali.
La conclusione che può trarsi dal novero di contingenze oggi resocontate è che la moneta nakamotiana si trovi in mezzo a un fuoco incrociato da cui sarà alquanto arduo disimpegnarsi e, pur riuscendoci, sarà ancor più complicato dimostrare la forza per mantenersi a livelli quantomeno accettabili (il cui parametro è oggi impossibile da determinare).
La sfida sulla credibilità è l’unica il cui esito positivo possa permettere al BTC di assurgere a realtà consolidata e riconquistare quel posto nel mercato che l’ha resa l’innovazione tecnologica forse più importante dell’ultimo decennio.
Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.