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Petrolio a 185 USD? 1973 e 2022 avranno qualcosa in comune

Da:
Fabio Carbone
Pubblicato: Mar 4, 2022, 08:40 UTC

Il petrolio a 185 USD entro la fine dell'anno? Il 1973 e il 2022 avranno qualcosa in comune se la situazione attuale si protrarrà a lungo.

Petrolio a 185 USD

In questo articolo:

C’è il rischio che quanto sta avvenendo in Ucraina porti il continente europeo a vivere una seconda crisi energetica simile a quella del 1973?

Secondo Daniel Yergin, vice presidente di IHS Markit, sì, è più che possibile, anzi, se la situazione non dovesse volgere verso il meglio in un periodo di tempo ragionevole, è plausibile ipotizzare un prezzo del petrolio a 185 dollari al barile entro la fine del 2022, hanno affermato gli analisti di JPMorgan, come riporta Cnbc.

Questo potrebbe accadere, affermano gli analisti di JPMorgan, perché il 66% del petrolio russo non trova acquirenti.

Un atteggiamento strano si concluderebbe, perché embarghi al gas e al petrolio russo nessuno si è azzardato ad imporne. Eppure le società petrolifere straniere non ne vogliono più sapere del petrolio russo.

In questi giorni, in effetti, stiamo assistendo al ritiro di numerose big company petrolifere dagli impegni e investimenti in Russia. Lo ha fatto la BP, in Italia Eni ed anche Exxon Mobil (XOM) sta uscendo dalle venture create con imprese petrolifere russe.

Non c’è un embargo sul petrolio e sul gas russo, ma è come se di fatto fosse già in atto. Le grandi imprese del settore Oil & Gas internazionali si ritirano perché non vogliono essere associate alla guerra in Russia, temono ripercussioni di immagine e tensioni sui titoli ad opera anche degli azionisti.

“Quello che non abbiamo visto prima è anche il grande problema di reputazione, aziende che non vogliono fare affari con la Russia”, ha affermato Yergin di IHS Markit.

Putin in una settimana ha distrutto 20 anni di lavoro

Secondo il vice presidente di IHS Markit, Vladimir Putin in una settimana ha distrutto 22 anni di lavoro diplomatico e commerciale con il mondo, causando conseguenze non ancora calcolabili al suo paese, perché la loro è “una economia sostanzialmente integrata con l’economia globale. Ora quello che è successo è che la Russia è scollegata dall’economia globale”.

Anche Lukoil è preoccupata

Del resto che le cose non vadano bene lo testimonia anche la timida preoccupazione espressa dalla compagnia petrolifera russa Lukoil.

Si dicono preoccupati per “i tragici eventi in Ucraina” e sperano che si arrivi presto a un negoziato che faccia cessare il conflitto voluto da Vladimir Putin.

Lukoil è diretta dal presidente Vagit Alekperov e dal vicepresidente Leonid Fedun.

Le scelte dell’OPEC

L’OPEC non pare al momento intenzionata a modificare la sua strategia. Lo scorso anno nell’ambito dell’OPEC+ di cui fa parte anche la Russia, è stato deciso un aumento graduale della produzione pari a 400 mila barili al giorno di greggio al mese.

Una quantità che già non stava garantendo al prezzo del Wti e del Brent di restare calmi, ed ora con il costante deteriorarsi della situazione internazionale le quotazioni sembrano essere destinate a salire ancora.

L’OPEC interverrà? Non è dato sapere. I Paesi produttori di petrolio in questo momento stanno festeggiando incassi senza precedenti e recuperando le perdite occorse nel 2020.

1973 e 2022 avranno qualcosa in comune

Ma, fino a quando sarà sostenibile? Poniamo il caso il prezzo del greggio dovesse davvero salire a 185 dollari al barile. Questo prezzo come si tradurrà al rifornimento in una stazione di carburanti?

Chi nel 1973 c’era, potrà dare la risposta a noi che ancora non eravamo o che eravamo troppo piccoli per ricordare.

Chi c’era, ricorda la totale assenza di automobili per le strade delle città. Anche se allora le automobili non erano così diffuse come oggi.

Se così sarà, neppure i Paesi dell’OPEC esulteranno più, mentre brinderanno i negozi di biciclette e monopattini elettrici.

Petrolio a 185 USD? Alcuni sperano di sì, altri proprio no. E potrebbe essere l’inizio della fine per il petrolio.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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