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Dazi Messico – USA per ora non c’è accordo. Trump non è soddisfatto

Da:
Fabio Carbone
Aggiornato: Jun 6, 2019, 07:28 UTC

Guerra dei Dazi Messico – USA, per ora non c’è l'accordo tra le parti ma il dialogo prosegue serrato. Trump non è soddisfatto e minaccia il Messico via Twitter.

Messico

Fumata nera ieri a Washington D.C., le delegazioni del Messico e degli Stati Uniti riuniti nella Casa Bianca, non hanno trovato un accordo soddisfacente.

Le trattative riprenderanno oggi 6 giugno, ma Trump ha già twittato la sua minaccia:

“Il dialogo con il Messico riprenderà domani (oggi, ndr) con la consapevolezza che, se non si raggiungerà un accordo, i dazi aumenteranno del 5% da lunedì prossimo, con un incremento mensile come già programmato. Più i dazi aumenteranno, più alto sarà il numero di aziende che si sposteranno verso gli USA!”

I progressi fatti con il Messico non bastano

Non bastano a Trump i progressi raggiunti durante la prima giornata di negoziati. A quanto pare il nodo più spinoso riguarda il flusso di immigrati alla frontiera tra gli USA e il Messico.

Trump vorrebbe che il Messico si occupasse degli immigrati, bloccandoli prima che giungano lungo la frontiera dove ha fatto erigere un muro di metallo scuro.

Il ministro degli Esteri del Messico, Marcelo Ebrard, ha confermato che i negoziati proseguono e c’è voglia di dialogo. Afferma che la riunione con il segretario di Stato Mike Pompeo è stata cordiale, e c’è stata l’opportunità per ciascuna delle parti di esporre il proprio punto di vista sulla situazione.

Il ministro Ebrard, riferisce che non si aspettava certo di poter trovare un accordo in due ore di colloquio e che quindi le trattative continuano.

Trump contro tutti ha il partito Repubblicano contro

Donald Trump contro tutti, contro anche il suo stesso partito Repubblicano che per voce del leader di maggioranza in Senato, Mitch McConnell, gli fa sapere che non sostengono molto questa sua misura contro il Messico.

Trump ha risposto a McConnell da Londra, durante i festeggiamenti per lo sbarco in Normandia, ammonendo i repubblicani di non osare fermarlo perché sarebbe una follia.

Dal canto suo McConnell spera che non succeda, che non si arrivi a uno scontro aperto tra il partito e il presidente Trump.

Un altro senatore, Ted Cruz, ha riferito che c’è preoccupazione non solo nel partito, ma anche alla Casa Bianca e nel dipartimento di Giustizia.

Lo scenario che si potrebbe prefigurare è che lunedì i Repubblicani al Senato, che hanno la maggioranza per un solo voto (51 su 100 seggi), potrebbero rigettare la misura di Trump.

Secondo un altro repubblicano, Kevin Cramer, i voti in Senato per bloccare Trump ci sarebbero, perché circa 20 senatori sono pronti a unirsi al voto dei democratici. Per disapprovare la misura dei dazi al Messico, ci vogliono 67 voti contrari.

La reazione di Wall Street

Il Dow Jones ha chiuso a +0,89% la seduta di ieri, non tanto come reazione alle trattative tra Messico e USA sui possibili dazi che scatteranno lunedì, ma grazie alle parole del governatore della Fed, Jerome Powell, il quale come un pompiere ha rassicurato i mercati che in caso di ulteriori tensioni commerciali la Federal Reserve interverrà.

La Fed potrebbe ridurre i tassi di interesse sul dollaro USA fino all’1,25% entro i prossimi 12 mesi.

Tanto è bastato ai mercati per rassicurarsi. Anche l’indice S&P 500 ha guadagnato lo 0,82% ed ha chiuso in positivo anche il Nasdaq 100 a +0,59%. Positivo anche l’indice S&P 100 che guadagna addirittura il 2,2%.

Concludendo

La battaglia sui dazi USA – Messico si prospetta come un banco di prova sulla tenuta del rapporto tra il presidente Trump e il suo partito. I repubblicani vorranno rompere con il loro presidente a poco più di un anno dalle prossime elezioni presidenziali?

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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