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Dal 2000 crescita Pil Italia 0,2% anno: Boom economico lontano ricordo

Da:
Fabio Carbone
Aggiornato: Jan 27, 2019, 12:13 UTC

Crescita Pil Italia dal 2000 a oggi, siamo praticamente fermi secondo lo studio della Cgia di Mestre. Il confronto con l'Europa è impietoso.

Italy

L’Associazione degli Artigiani e Piccole Imprese (Cgia) di Mestre, rende noti i dati di uno studio appena terminato che riguardano la crescita del Pil in Italia dal dopo guerra ad oggi.

Secondo la ricerca della Cgia di Mestre, l’Italia dall’anno 2000 a oggi è cresciuta mediamente dello 0,2% annuo.

Se però ripercorriamo a ritroso la storia italiana dei decenni precedenti, fino agli anni del boom economico post seconda guerra mondiale, allora la crescita dell’Italia mostra un volto diverso, decisamente più felice.

Tra gli anni ‘80 e ‘90 la crescita media è stata del +2% annuo, mentre nei decenni ‘60 e ‘70 il Pil dell’Italia cresceva al ritmo del +4,8% medio annuo. Eppure, va ricordato che nel 1973 la crisi energetica non è certo stata una passeggiata, anzi, i suoi effetti hanno condizionato a lungo l’economia italiana.

Come è andato nel resto d’Europa

La Cgia di Mestre ha voluto confrontare i dati di crescita del Pil italiano dal 2000 a oggi, con la crescita del Pil dei principali Paesi europei.

Il confronto è davvero impietoso.

Il Pil dell’Italia dal 2000 a oggi è cresciuto del +4%, nello stesso periodo la Spagna è cresciuta del 34,7%, la Germania +26,5%, il Pil della Francia del +25,2%.

Volendo fare una media dei dati europei, senza includere l’Italia, allora il risultato è che gli Stati UE sono cresciuti in 18 anni del +29,7%.

Italia e Grecia devono ancora recuperare l’ultima crisi

La crisi del 2007 non è stata l’unica per il recente passato italiano, ma è stata la più dura dal secondo dopo guerra a oggi. E i dati della Cgia di Mestre, indirettamente, sembrano confermarlo.

Tra i paesi europei che hanno adottato l’euro (sono 19 su 27, escluso il Regno Unito), soltanto l’Italia (-4,1%) e la Grecia (-23,8%), devono ancora recuperare quanto perduto durante gli anni della recente crisi.

Perché l’Italia è ridotta in questo stato?

Paolo Zabeo è il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, nello studio riportato integralmente sul sito ufficiale scrive:

“Come sostengono molti esperti, siamo in una fase di stagnazione secolare e le previsioni, purtroppo, non lasciano presagire nulla di buono.

L’economia mondiale – prosegue – sta rallentando, manifestando evidenti segnali di incertezza e di sfiducia in tutta l’area dell’euro che, comunque, in questi ultimi 18 anni è cresciuta del 30%; 7 volte in più dell’incremento registrato dall’Italia.”

Ed ancora aggiunge:

  • Bassa produttività del sistema paese,
  • deficit infrastrutturale,
  • troppe tasse,
  • una burocrazia ottusa ed eccessiva.

Queste le cause principali che zavorrano l’Italia che ha un potenziale di crescita enorme, come hanno testimoniato i dati Coldiretti sull’intraprendenza dei giovani italiani pubblicati due giorni fa.

Le capacità dei giovani italiani

Le nuove generazioni di italiane e di italiani, non stanno aspettando il reddito di cittadinanza. Lo dice lo studio “I giovani italiani che creano lavoro”, presentato durante l’Assemblea Giovani Imprese della Coldiretti ed elaborato su dati Unioncamere.

Solo nel 2018 sono state aperte 300 imprese al giorno. Sul totale il 9% delle imprese italiane è condotta da giovani, ma se guardiamo ai dati dei soli primi nove mesi del 2018, la percentuale sale al 30%.

Gli under 35 non attendono le politiche assistenzialiste, questo ci dicono i dati Unioncamere elaborati.

I giovani sono presenti in tutti i settori produttivi:

  • agricoltura e allevamento;
  • artigianato;
  • industria;
  • commercio al dettaglio;
  • ristorazione.

I più intraprendenti d’Europa

Secondo i dati forniti da Coldiretti su elaborazione dei dati Eurostat, i giovani italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni che hanno un lavoro autonomo sono il 90% in più dei giovani spagnoli, il 60% in più dei tedeschi, il 53% in più dei francesi.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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