Criptovalute: Thor perde il suo martello

Thor ha deciso di chiudere i battenti.

La criptovaluta vista spesso da molti come token innovativo e del futuro si appresta ad alzare bandiera bianca in virtù di problemi regolatori.

Risulta utile riportare quanto comunicato nel proprio blog da David Chin, cofondatore e amministratore delegato di Thor Technologies, il cui obiettivo è illustrare cosa abbia portato alla decisione di uscire dal mercato.

L’incipit adottato è presto detto: “Siamo incredibilmente orgogliosi del lavoro pionieristico realizzato da tutto il team di Thor, vale a dire aver approntato prodotti utili e accessibili per ben 1099 imprese attive nella gig economy. Sfortunatamente, non abbiamo raggiunto il successo commerciale che stavamo cercando”.

A una soddisfazione sul buon lavoro compiuto da un team competente e all’avanguardia succede il triste dato concreto della mancanza di ritorno in termini di investimento, complementare al mancato raggiungimento di un target che ha motivazioni ben precise: problemi di regolamentazione.

Prosegue Chin: “Thor ha sostenuto molte sfide regolatorie che ci hanno impedito di realizzare quello che ci eravamo prefissati nel nostro libro bianco. Speriamo che il contesto economico in futuro sarà abbastanza favorevole da supportare l’innovazione e che avremo l’opportunità di servirvi meglio”.

Quanto capitato a Thor non sorprende, specie se si considera come la tematica regolamentare sia stata centrale a partire dal 2018, con legislatori a volte rigidi, altre morbidi, altre ancora in fase di attuazione di norme stringenti.

L’ultimo esempio di intervento regolamentare si è avuto proprio ieri, data in cui il deputato congressista Tom Emmer ha chiesto lumi sul regime fiscale da attribuire alle criptovalute, aumentando un orizzonte di pressione fiscale tecnofinanziario malvisto dall’intero comparto criptovalutario.

Un clima regolatorio siffatto è stata la causa del fallimento di Thor e della scelta di lavorare in silenzio per cercare di migliorare la situazione, ma senza riuscirci: “Ci dispiace di essere rimasti in silenzio per così tanto tempo. Abbiamo lavorato dietro le quinte per esplorare tutte le possibili opzioni, incluso trovare un modo per incrementare una quantità di capitale sufficiente per affrontare la mancanza di vendite, trovare una nuova società che diventasse la nostra nuova casa dove la nostra tecnologia potesse beneficiare di ulteriori risorse. Durante questo processo, non potevamo condividere lo status di Thor pubblicamente per ragioni tanto economiche quanto giuridiche”.

Quanto affermato sopra esprime un chiaro intento giustificatorio ma spiega in maniera elementare il mancato reperimento di fondi sufficienti al proseguimento dell’attività, con ovvie conseguenze economico-giuridiche. Secondo alcuni lo staff è stato licenziato per la metà e questo da solo basterebbe a comprendere la portata della situazione.

Chin, conseguentemente al messaggio di chiusura, elargisce comunque qualcosa alla community: “In conclusione, è apparso chiaro che l’unica cosa da fare per Thor fosse chiudere le sue porte. Grazie a voi per il vostro supporto dell’ultimo anno. Tutti i codici e i prodotti Thor rimarranno open source affinché la comunità possa usarli, modificarli, aggiornarli e beneficiarne”.

In pieno spirito cripto e open source, il lascito di Thor si estende a chi, proprio come Chin e soci, intende continuare l’implementazione cripto e il veicolo di nuova tecnologia con orizzonti fintech e di gig economy.

Thor perde il suo martello, ma non è detto che non lo ottenga mai più.