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I trader ribassisti stanno vincendo la battaglia sul mercato del petrolio

Da
Barry Norman
Pubblicato: Sep 1, 2016, 09:02 GMT+00:00

Il mercato del greggio WTI alla fine cede e accusa un brutto colpo; gli speculatori hanno tentato un “pump and dump” (strategia che prevede un deliberato

I trader ribassisti stanno vincendo la battaglia sul mercato del petrolio

Il mercato del greggio WTI alla fine cede e accusa un brutto colpo; gli speculatori hanno tentato un “pump and dump” (strategia che prevede un deliberato aumento dei prezzi e una successiva vendita sui massimi) senza riuscire a superare la soglia dei 50 $. Nonostante i ripetuti tentativi, i rialzisti non sono riusciti a mantenere il mercato in quota. A prescindere dalla concreta possibilità di un accordo, i fondamentali in termini di domanda e offerta non possono dissolversi improvvisamente. Un tetto alla produzione o anche solo un accordo per limitare o tagliare la produzione avrà un effetto sul prezzo dei future, ma ripercussioni limitate sui prezzi spot o sui prezzi per i mesi correnti. Le stime originali, secondo le quali per riuscire a riassorbire l’attuale surplus di offerta occorrerà arrivare al 2020, rimangono ancora valide. La crescita economica e quella del settore manifatturiero globali rimangono deboli e il mondo sta lentamente abbandonando i combustibili fossili, una scelta destinata a produrre un calo della domanda.

Secondo la EIA, entro il 2026 la domanda di petrolio dovrebbe salire dai 94,8 barili di quest’anno a 105 milioni di barili al giorno. Ovviamente, delle previsioni così a lungo termine sono inevitabilmente imprecise, ma sono comunque utili a dare una dimensione al problema. Se la domanda continuerà a salire ogni anno di oltre 1 milione di barili al giorno, come fa da molto tempo, il mercato del petrolio potrebbe passare rapidamente da un eccesso di offerta a un eccesso di domanda. La Bank of America Merrill Lynch prevede già per il prossimo anno un deficit di circa 800.000 barili al giorno.
Il rapporto sulle scorte settimanali sulle scorte della EIA di mercoledì mattina ha sorpreso i mercati indicando un enorme incremento delle scorte, costringendo i trader a correre ai ripari. Il prezzo del WTI ha perso oltre 1,60 $ in pochi minuti scivolando a 44,74, mentre il Brent ha accusato un brutto colpo ed è sceso a 47,03, entrambi in ribasso del 3,5%.

L’agenzia di informazione sull’energia USA (EIA) segnala il secondo incremento settimanale consecutivo nelle riserve di petrolio, che aumentano di 2,3 milioni di barili rispetto alla settimana precedente, a fronte di un incremento pari a 921 mila barili previsto dagli analisti. Salgono di 1,5 milioni di barili anche le riserve di distillati, che includono diesel e olio combustibile, contro un calo di 157.000 barili previsto.
Le riserve di benzina scendono di 691 mila barili, a fronte di un calo pari a 1,2 milioni di barili previsto.

Le esportazioni di beni dalla Cina, in forte aumento, tengono sotto pressione i margini delle raffinerie in tutta l’Asia; dal canto loro le raffinerie, dall’India alla Corea del Sud fino a Singapore, si preparano a dar battaglia. Nonostante il persistente aumento delle esportazioni di beni dalla Cina, che avanzano verso paesi come Filippine e Australia, la necessità di opere di manutenzione e la maggiore complessità normativa e il controllo sulle raffinerie indipendenti teapot nel nord del paese sono destinate a intralciare l’attività di raffinazione. I risultati si vedono già nei dati sulle importazioni; per quanto riguarda i dati di agosto, quasi completi, le importazioni sono in calo di oltre il 20% rispetto al piccolo toccato nel mese di marzo.

Avvicinandoci alla riunione dei paesi produttori di petrolio di fine mese, ci troviamo di fronte alle solite dichiarazioni contraddittorie da parte dei principali paesi produttori. I sauditi sostengono di non voler aumentare la produzione inondando il mercato in vista delle trattative, ma la produzione a luglio ha raggiunto livelli record, e dovrebbe essere in aumento anche nel mese di agosto.
Nel frattempo, il Primo Ministro iracheno si è espresso a favore di un congelamento della produzione, nonostante la prima decisione del nuovo ministro del petrolio della scorsa settimana sia stata la richiesta alle compagnie estere di aumentare la produzione le esportazioni. Per finire, l’Iran sembra voler partecipare alle trattative per un congelamento della produzione – a condizione che gli sia concessa la possibilità di aumentare la produzione da 3,6 milioni di barili a 4 milioni di barili.

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