Nella giornata di ieri, il Dow Jones si è mosso in rialzo di più di 271 punti, prima di chiudere con un guadagno di 130 punti. L'avanzata è stata
Nella giornata di ieri, il Dow Jones si è mosso in rialzo di più di 271 punti, prima di chiudere con un guadagno di 130 punti. L’avanzata è stata sostenuta da una serie di sondaggi che danno il fronte dei sostenitori del recesso della Gran Bretagna dall’UE in calo. Il dato è sicuramente positivo per le borse statunitensi, perché gli investitori temono che la Brexit causerebbe turbolenza economica e finanziaria anche al di là dell’Atlantico. Nell’ultima settimana, le borse si sono mosse in ribasso per effetto dei sondaggi che davano i sostenitori del recesso del Regno Unito dall’UE in netto vantaggio.
Il voto di giovedì sulla Brexit è ancora troppo vicino per avere un dato definitivo e i sondaggi del Regno Unito, notoriamente inaffidabili, potrebbero continuare a provocare volatilità. Ciò potrebbe spiegare perché il forte rialzo di Wall Street abbia ceduto qualche punto verso la chiusura.
I mercati internazionali hanno scontato il rischio della Brexit, ma, probabilmente, incontreranno resistenza mentre si avvicinano al raggiungimento dei massimi settimanali. S&P ha corretto di 20 punti il massimo di ieri di quota 2092.
I mercati dovrebbero rimanere nella gamma di oscillazione fino alla pubblicazione dei risultati definitivi del referendum sulla Brexit. Qualora l’esito fosse positivo, gli investitori potrebbero assistere a un rialzo del 2-3%.
Nella giornata di lunedì, dopo la pubblicazione degli ultimi sondaggi, che hanno allentato la tensione per la possibile Brexit, i mercati europei si sono mossi in forte rialzo. I dati più recenti sul referendum sul recesso della Gran Bretagna nell’UE sono i primi dall’assassinio della deputata Jo Cox. I sondaggi mostrano un incremento dei voti favorevoli alla permanenza. Dopo il maggior rialzo sperimentato dalle borse negli ultimi tre mesi, le piazze asiatiche hanno fluttuato e lo yen si è apprezzato.
L’inversione di tendenza delle borse ha, inoltre, contribuito a sostenere l’aumento del prezzo delle materie prime, mentre il trading delle valute è stato caratterizzato da alcune oscillazioni.
Nella mattinata, l’indice del dollaro è sceso ai minimi mensili di quota 93,58, perdendo altri 10 punti. Nelle giornate di oggi e di mercoledì, la presidente della Federal Reserve, Janet L. Yellen, terrà la sua relazione semestrale sulla politica monetaria innanzi al Congresso. Oggi, Yellen interverrà alla commissione per le banche del Senato, per presentarsi domani alla commissione della Camera sui servizi finanziari.
All’ultima riunione della Fed, tenutasi la scorsa settimana, i tassi sono rimasti invariati. Tuttavia, la relazione di Yellen sarà seguita con attenzione, in cerca di indizi sulle tempistiche della prossima manovra restrittiva della Fed. Sebbene Wall Street paia ritener che l’innalzamento dei tassi possa avvenire a settembre, gli analisti cercheranno di comprendere se luglio rappresenti ancora una possibilità e di cogliere il senso dei riferimenti all’imminente referendum sulla Brexit.
Lo yen apre la mattinata a quota 104,00, prossimo ai suoi massimi del 2016. Dopo aver correttamente previsto l’inarrestabile marcia dello yen oltre i 115¥, 110¥ e 105¥, Eisuke Sakakibara, già funzionario del ministero delle Finanze, ritiene ora che la valuta nipponica guadagnerà gradualmente più del 4% verso i 100¥ per dollaro per la fine dell’anno.
Durante un’intervista rilasciata a Bloomberg Television nella giornata di lunedì, Sakakibara, noto come “Mr. Yen” per la sua capacità di influenzare il tasso di cambio alla fine degli anni Novanta, ha affermato che il valore dello yen riflette la differenza tra le politiche monetarie di Stati Uniti e Giappone. Per Sakakibara, l’effetto del massiccio allentamento monetario della Banca del Giappone si sta esaurendo, andando ad aggiungersi all’apprezzamento dello yen.
Lo yen ha sorpreso gli analisti, muovendosi in rialzo dai circa 120¥ per dollaro all’inizio dell’anno ai 103,55¥ della scorsa settimana, il massimo dall’agosto del 2014. La domanda della valuta nipponica, sostenuta dal timore che la Gran Bretagna possa recedere dall’Unione Europea dopo il referendum del 23 giugno, ha vanificato i tentativi del governo di Tokyo e della Banca del Giappone volti ad impedire l’apprezzamento dello yen.