Mentre si arresta la spinta al rialzo data dal discorso di Trump al Congresso e gli investitori iniziano a farsi prudenti dopo avere fatto notevolmente
Mentre si arresta la spinta al rialzo data dal discorso di Trump al Congresso e gli investitori iniziano a farsi prudenti dopo avere fatto notevolmente avanzare gli indici, le borse europee seguono un andamento vario. In Asia, i mercati si sono ancora mossi in rialzo. L’Asx ha registrato i risultati migliori, mentre lo Hang Seng il Csi 300 hanno chiuso in rosso. Il Dax e il Ftse 100 sono riusciti a terminare la sessione rispettivamente al di sopra di quota 12000 e di quota 7300. Al contempo, la Fed sta considerando di attuare una manovra restrittiva a marzo e Draghi subisce una pressione sempre maggiore a causa del balzo dell’inflazione, cui si accompagna un miglioramento della fiducia.
Per la seconda giornata, il Wti si muove in ribasso, scendendo al di sotto dei 53,50$ per toccare il minimo delle ultime due sessioni a 53,30$. Il minimo delle ultime due settimane raggiunto durante la giornata di martedì era a 53,18$. I dati pubblicati nel corso della settimana hanno mostrato che il nuovo massimo storico segnato dalle scorte mantiene il prezzo sotto pressione. Tuttavia, l’incremento delle scorte rilevato dall’Agenzia degli Stati Uniti per l’Informazione sull’Energia (Eia) nel suo ultimo rapporto settimanale è inferiore alle aspettative.
A gennaio, la disoccupazione dell’Eurozona è rimasta stabile al 9,6%, invariata rispetto al mese precedente. Per gli standard dell’Eurozona, questo è un livello relativamente basso, sebbene le differenze tra gli Stati membri rimangano decisamente notevoli, in particolare tra i giovani al di sotto dei 25 anni. Tale situazione alimenta le tensioni politiche e l’ascesa dell’euroscetticismo.
A febbraio, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo dell’Eurozona è salito al 2,0% su base annua, così toccando il limite superiore della definizione di stabilità dei prezzi adottata dalla Bce. Dopo le cifre superiori alle aspettative registrate dalla Germania, il dato non sorprende. Gli effetti di base rimangono a oggi il fattore principale. L’inflazione core è, infatti, stabile allo 0,9% annuo, in tal modo rafforzando la posizione di Draghi. Tuttavia, con l’inflazione dell’indice dei prezzi alla produzione che a gennaio ha raggiunto il 3,5% e i tassi principali che salgono mentre gli indicatori di crescita continuano a migliorare insieme al mercato del lavoro, i falchi della Bce fanno sempre più sentire la loro voce. Nella giornata di ieri, il presidente della Bundesbank, Weidmann, ha sottolineato che le proiezioni sull’inflazione devono essere riviste nettamente in rialzo, non soltanto per l’Eurozona. Aumenta, dunque, la pressione su Draghi perché almeno smetta di fare riferimento alla possibilità di nuovi tagli dei tassi alla prossima riunione della Bce. Quasi certamente, il calendario dell’allentamento quantitativo non verrà corretto. Draghi intende, infatti, rassicurare i mercati che la Bce continuerà a intervenire in tempi di elevata incertezza del quadro politico.
La Svizzera ha registrato una crescita e delle vendite al dettaglio deludenti. Nel quarto trimestre, il Pil è aumentato di soltanto lo 0,1% su base trimestrale e dello 0,6% su base annua, al di sotto delle previsioni di Bloomberg, rispettivamente allo 0,4% e all’1,3%. A gennaio, dopo il -3,4% del mese precedente, le vendite al dettaglio si sono contratte dell’1,4% su base annua. I dati contrastano con il quadro dipinto dall’indice Kof di febbraio, che suggerisce un’espansione dell’economia nei prossimi sei mesi, guidata dal miglioramento dell’economia dell’Eurozona.