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Mercati emergenti e spinta delle commodity: delicato equilibrio

Da:
Fabio Carbone
Pubblicato: May 5, 2022, 07:19 UTC

La situazione dei mercati emergenti e la spinta delle commodity che non è arrivata. Un delicato equilibrio che penalizza invece di avvantaggiare.

Mercati emergenti

In questo articolo:

La guerra in Ucraina ha dato il colpo finale ad alcune economie emergenti. Si veda lo Sri Lanka andato in default, ma qui si rischia la carestia alimentare in molti Stati e questo potrebbe portare a forti disordini e ad altre guerre.

L’Europa dell’est prova a risalire e a marzo ha messo a segno un +4,5% secondo il Morningstar EM Europe Index, ma da inizio anno l’Europa emergente resta sotto del -72%.

L’America Latina, geograficamente lontana dal conflitto europeo, dopo i risultati positivi di marzo ora vive una fase di prese di profitto che hanno fatto scivolare l’indice Morningstar EM Americas del -11,4% negli ultimi 30 giorni.

Le commodity non stanno aiutando le economie emergenti che ne posseggono e il motivo è presto spiegato.

Mercati emergenti e spinta delle commodity: perché non va

Con il blocco dall’Ucraina e dalla Russia alle esportazioni di molte materie prime essenziali per l’Europa (in particolare per i “paesi ostili”), le economie emergenti con disponibilità di materie prime ne dovrebbero beneficiare, ma le cose non stanno andando in questa direzione.

Morningstar nella sua analisi fa notare che, le economie emergenti con disponibilità di materie prime beneficiano dell’aumento dei prezzi delle commodity in particolare quando a trainare è una crescita della domanda, in un contesto di ripresa o di boom economico globale.

Ma quando ad elevare i prezzi delle materie prime come il petrolio e il gas, il mais e il grano, sono i problemi di offerta come le sanzioni, i sotto investimenti e le interruzioni della catena di approvvigionamento, allora gli emergenti non solo non ne beneficiano, ma soffrono.

Le banche centrali impotenti

Secondo Morningstar, questa situazione indica anche che le Banche centrali non hanno molte armi efficaci contro l’attuale risalita dell’inflazione dovuta ai rincari delle materie prime energetiche.

La scorsa notte la Fed ha deciso un rialzo dei tassi di interesse di 50 punti base, il rialzo più consistente dall’anno 2000 della bolla dei dot-com. Jerome Powell ha annunciato che non ci sarà un rialzo futuro di 75 punti base, ma che la Fed inizia a drenare 95 miliardi di dollari al mese quello sì, lo fa.

Dopo le parole di Powell le Borse statunitensi hanno reagito positivamente e il dollaro non si è apprezzato ulteriormente contro l’euro e le altre monete forti.

Emergenti, chi soffre di più e chi di meno

I paesi emergenti non sono tutti uguali, ciascuno ha la sua storia. Ecco qui molto sinteticamente la situazione dei principali paesi emergenti alla luce dell’attuale contesto geopolitico ed economico globale.

India

L’india è un importatrice netta di beni, l’aumento dei prezzi sui fertilizzanti mettono a rischio la produzione nazionale di beni agricoli come grano e riso, usati prevalentemente per il consumo interno.

Lo scompenso viene almeno in parte compensato con il nuovo accordo commerciale stipulato con la Russia, la quale gli sta vendendo petrolio russo a prezzi scontati rispetto a quelli praticati sul mercato internazionale.

L’India si difende così contro il caro energia, fenomeno che la stessa Russia ha contribuito a creare per obiettivi strategici sul piano geopolitico.

L’Europa emergente

Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania. Il loro commercio è stato destabilizzato dalla guerra in Ucraina, non solo per le conseguenze dirette, ma anche per via della loro vicinanza al confine con la Russia e per la loro storia passata di ex Repubbliche sovietiche.

L’enorme afflusso di profughi dall’Ucraina (l’ONU stima ormai quasi 6 milioni di persone scappate dal conflitto) verso la Polonia e l’Ungheria e gli altri Paesi, mette a repentaglio la ripresa del turismo di questi Paesi.

E poi la dipendenza dalle materie prime prodotte in Ucraina e in Russia. Vedasi l’Ungheria, che non potrà in alcun modo fare a meno di gas naturale e petrolio russo: ne dipende quasi totalmente.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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