Le parole di Draghi della settimana passata ad Amsterdam non hanno prodotto per ora gli effetti sperati su EurUsd. A differenza dei tre precedenti in
Le parole di Draghi della settimana passata ad Amsterdam non hanno prodotto per ora gli effetti sperati su EurUsd. A differenza dei tre precedenti in cui Draghi e Weidmann avevano accennato all’eventualità di adottare misure volte a raffreddare la forza dell’Euro producendo come diretto risultato un calo nel valore della moneta unica, questa volta sembra che il mercato abbia reagito in maniera opposta alle parole del Governatore. La sensazione è che gli investitori a questo punto non intendano più comportarsi come fecero in occasione della celebre frasi di Draghi di luglio 2012 che frenò la speculazione sui debiti periferici, ma piuttosto vogliano andare a mettere sotto pressione la Bce per chiuderla in un angolo costringendola ad uscire allo scoperto di fronte ad un EurUsd troppo forte. Questo non ci porta perciò ad escludere un temporaneo sfondamento delle resistenze di 1.39/1.40, movimento che andrebbe a saggiare le reali intenzioni della banca centrale.
L’incertezza sull’evoluzione del Dollaro è massima e lo si capisce anche analizzando il cambio UsdChf. Esiste qui un ottimo ciclo di minimi a 45 giorni che sta svolgendo da diversi mesi un egregio lavoro nell’intercettare i bottom primari del mercato. Il prossimo appuntamento ciclico è previsto per il 7 maggio e questo lascerebbe pensare ad un tentativo di reazione da parte del biglietto verde in uno dei mesi peggiori per l’azionario, ovvero quello appunto di maggio. Stiamo ovviamente parlando per ora di un semplice rimbalzo con la tendenza bearish che non accenna ad invertire la tendenza visti i massimi e minimi decrescenti ben guidati dalla media mobile a 200 giorni.
Però negli ultimi due mesi abbiamo assistito ad un mancato raggiungimento di un minimo più basso del precedente e sarà interessante a questo punto capire se l’analisi ciclica troverà riscontro nel proseguimento del rialzo di UsdChf. Su questo cambio non dobbiamo dimenticare poi la conformazione grafica nota come onde di Wolfe che si è venuta a formalizzare tra ottobre 2013 e marzo 2014. Il fatto che i prezzi non sono ancora scesi sotto il terzo punto di questa onda di Wolfe continua a supportare l’idea di uno scenario bullish nei prossimi mesi.
Prosegue la corsa all’indebolimento dello Yuan cinese che praticamente non si è mai fermato nella sua debolezza dal momento in cui il governo ha allargato la banda di oscillazione rispetto a Dollaro. Dal minimo di inizio anno siamo già a -3.5% che tradotto significa quasi il 15% su base annua. Passo che reputiamo difficilmente sostenibile, ma che sembra di fatto scontare ciò che già gli indici azionari cinesi ci stanno dicendo da tempo, ovvero che il rallentamento dell’economia è notevole.
Questo non può che riflettersi su una valuta che cerca di comprare tempo agli esportatori cinesi ed al Pil, scendendo di valore. Di fatto non appare così improbabile il test dei massimi di UsdCny del 2012, quella che sarà l’incognita sarà appunto la velocità di svalutazione.
In questo momento quindi le valute asiatiche non ci sembrano l’affare migliore anche perché il comportamento cinese sta creando effetti fotocopia da parte degli altri paesi i quali devono disperatamente cercare di tenere alta la competitività.
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