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Fondi comuni d’investimento, quelli italiani costano più di tutti

Da:
Fabio Carbone
Pubblicato: Mar 31, 2022, 07:28 UTC

Fondi comuni d’investimento, quelli italiani sono tra i più costosi al mondo per via del monopolio di fatto che vige nel Paese.

fondi comuni

Su 26 nazioni dai 5 continenti presi come riferimento, l’Italia è in fondo alla lista insieme a Taiwan per costi di ingresso, gestione ed uscita sui fondi comuni d’investimento.

A dirlo è Morningstar nel suo recente Global Investor experience, un rapporto biennale sulle spese che devono affrontare gli investitori nei rispettivi paesi.

Le migliori nazioni dove investire nei fondi comuni sono Australia, Paesi Bassi e gli Stati Uniti, che hanno l’ambiente d’investimento migliore al mondo per quanto riguarda commissioni e spese.

I fondi comuni d’investimento italiani sono gravati da commissioni di retrocessione, da costi iniziali di sottoscrizione, e non mancano, tra i fondi domiciliati in Italia, i più alti costi ponderati per il patrimonio.

Morningstar fa anche notare che “le classi di azioni senza fee di retrocessione sono tecnicamente registrate nel Belpaese, ma non facilmente accessibili ai clienti finali perché il sistema di distribuzione è dominato dalle banche”.

Fondi comuni d’investimento più cari

I fondi comuni sono cari in Italia, Taiwan, Hong Kong e Singapore. Qui a dominare la distribuzione sono le banche, che impediscono alle forze del mercato di ridurre le spese per gli investitori retail.

Ecco che in queste condizioni si rischia di contribuire al fai da te, preferito dagli italiani e dalle italiane che, visti gli alti costi di accesso ad un fondo comune, preferiscono gettarsi nelle braccia di broker che gli promettono guadagni in realtà impossibili con altri strumenti finanziari. E da lì le perdite consistenti di capitale.

Migliori Paesi dove aderire ai fondi comuni

La ricerca di Morningstar indica che Australia, Paesi Bassi e USA sono le nazioni migliori dove aderire ad un fondo comune d’investimento.

L’adesione ai fondi comuni in questi paesi non prevede commissioni di ingresso, vendita o distribuzione.

E il forte clima di competizione presente, ha obbligato i gestori dei fondi comuni ad abbassare i costi per i clienti per attrarli.

Nei Paesi Bassi, invece, sono state le nuove regolamentazioni a migliorare la situazione. Una legge qui ha vietato le commissioni di retrocessione.

I costi calano ovunque, non in Italia

L’Italia dei fondi comuni d’investimento, dunque, vive una situazione di monopolio delle banche e questo impedisce che i costi mediani ponderati per il patrimonio scendano.

Rispetto all’ultima rilevazione del 2019 poco è cambiato, invece, negli altri mercati i prezzi sono scesi.

Sono 17 i paesi dove i costi di accesso ai fondi comuni sono scesi negli ultimi anni. In particolare per i fondi comuni bilanciati e quelli azionari.

E si fa notare che appunto quei paesi dove “gli investitori hanno accesso a più canali distributivi”, i gestori minimizzano le spese.

L’alternativa per gli investitori

I fondi negoziati in borsa (ETF), per gli investitori restano una alternativa. Anche se si tratta di uno strumento del tutto differente dai fondi comuni d’investimento.

Gli ETF sono a gestione passiva, mentre i fondi comuni a gestione attiva. Inoltre gli ETF sono spesso monotematici.

Tuttavia, è indubbio che gli ETF abbiano nella gran parte dei casi costi molto bassi. Spesso non sono previsti costi di ingresso e di uscita, ma solo una commissione di gestione annuale espresso in percentuali molto basse.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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