Il petrolio è crollato nella seduta di ieri per un mix di fattori eterogenei, tra cui emerge anche l'aumento dei rendimenti USA. Oro e gas poco mossi.
Ancora una volta, nonostante i numerosi tentativi rialzisti, l’oro non è riuscito a portarsi stabilmente sopra i 1750 dollari e si è nuovamente mosso intorno ai 1730/1740 dollari l’oncia. La giornata di ieri è stata però particolarmente disastrosa per un mix di fattori che ha abbattuto i prezzi del petrolio. Male anche il gas naturale.
I prezzi dell’oro si sono contratti a causa del rally dei rendimenti statunitensi e del rialzo netto del dollaro statunitense, nonostante l’impennata nelle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, secondo l’ultimo aggiornamento periodico.
Stamattina, alle ore 9:40, l’oro è scambiato a 1743 dollari l’oncia.
I prezzi restano sopra la fascia di supporto principale (tutt’altro che complessa da abbattere) di 1719 dollari l’oncia, che rappresenta anche la media mobile a 10 giorni. La resistenza è invece ancora a 1797 dollari, che a sua volta coincide con la media a 50 giorni.
Per uno stimolo rialzista più solido, come già evidenziato più volte, l’oro dovrebbe innanzitutto riuscire a superare stabilmente i 1750 dollari per poi eventualmente consolidarsi tra i 1750 e i 1800 dollari.
La giornata di ieri si è rivelata ben presto deleteria per il petrolio, che ha perso qualsiasi spinta rialzista a causa del rafforzamento del dollaro, dell’incremento dell’offerta e dei dubbi sulla ripresa della domanda, soprattutto in Europa (il cui piano di vaccinazione ha subito una nuova frenata con lo stop temporaneo al vaccino AstraZeneca).
Nella tarda serata di ieri, il greggio Wti era arrivato a perdere il -7,12% e il Brent il -7,62%.
Stamattina, il Wti è scambiato a 60,18 dollari al barile e il Brent a 63,43 dollari.
Il dollaro statunitense, supportato dalla rassicurazione della Federal Reserve di non aumentare i tassi almeno fino al 2023, ha spinto al ribasso le quotazioni del greggio che si trovava rialzista già da lungo tempo.
Adesso, la tendenza principale si è definitivamente invertita e soprattutto con riferimento al Wti, entrano in gioco le previsioni tendenziali fornite in passato: se il prezzo dovesse infrangere la soglia dei 60 dollari, il texano potrebbe spingersi rapidamente tra i 59,58 dollari e i 57,64 dollari.
Il Brent, invece, resterà con maggiore probabilità sopra i 60 dollari, ma per riprendere almeno in parte lo stimolo iniziale dovrà tentare di chiudere la seduta odierna vicino ai 65 dollari.
Quanto al gas naturale, stamattina il prezzo si trova a quota 2,5 dollari tondi. Il supporto principale, già sotto pressione da ieri, si trova a 2,45 dollari, mentre la ripresa della tendenza rialzista si potrebbe osservare qualora il prezzo riuscisse a effettuare una chiusura weekly sopra quota 2,615 dollari.
Piazza Affari, con il suo indice FTSE MIB, ha chiuso nuovamente in lieve rialzo, del +0,33%. A piccoli passi, l’indice si sta spingendo verso i 24.500 punti, ai massimi da oltre un anno.
In lieve rialzo anche il CAC40 di Parigi sopra i 6000 punti e l’Ibex-35 di Madrid (+0,29%) mentre il DAX 30 di Francoforte ha corso a tutt’altra velocità, chiudendo in rialzo del +1,23%.
La settimana volge al termine quest’oggi con la conferenza stampa della Bank of Japan in cui verranno esposti gli ultimi verbali della riunione sulla politica monetaria, mentre dall’Europa giungerà l’indice tedesco dei prezzi di produzione.
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Dopo la laurea in Economia Aziendale a Catania inizia a scrivere per diverse testate, prevalentemente di cultura, tecnologia ed economia. Con stretto riferimento alla collaborazione con FX Empire, iniziata nell’Aprile del 2018, ha curato una rubrica su analisi di premarket in Europa, prima di concentrarsi su analisi tecnica di materie prime, cambi valutari e criptovalute.