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Cos’è la Brexit e quali risultati porterà il negoziato di Cameron

Da:
Barry Norman
Aggiornato: Feb 4, 2016, 14:10 GMT+00:00

Sembrerebbe che i mercati finanziari amino coniare termini piuttosto creativi. Fino a poco tempo fa, ci siamo dovuti destreggiare con il concetto di

Cos’è la Brexit e quali risultati porterà il negoziato di Cameron

Sembrerebbe che i mercati finanziari amino coniare termini piuttosto creativi. Fino a poco tempo fa, ci siamo dovuti destreggiare con il concetto di Grexit e adesso ci troviamo di fronte alla Brexit. Per molti, il rapporto tra Inghilterra e Eurozona continua a non essere chiaro, considerando soprattutto che la Gran Bretagna ha continuato a utilizzare come valuta la sterlina, non fa parte della Banca Centrale Europea e non ha preso parte ai piani di salvataggio di paesi come l’Irlanda, la Spagna, il Portogallo e la Grecia.

La miglior spiegazione al riguardo è fornita da Bloomberg ed è riportata di seguito:

“I paesi generalmente formano alleanze per promuovere il commercio, difendere i diritti umani, proteggere l’ambiente e respingere le minacce. Sottoscrivono trattati e si uniscono a gruppi internazionali. Ogni volta che compiono una scelta di questo tipo decidono di rinunciare a parte della propria indipendenza. Questo fenomeno ha conosciuto un’estensione maggiore nel caso della creazione dell’Unione Europea, che ha segnato la nascita di un mercato comune e di una forza politica unica. Questi elementi nascono dalla volontà di accordo di stati europei tra loro molto diversi.

L’Unione Europea è una partnership economica e politica che coinvolge 28 stati. Nasce con la fine della seconda guerra mondiale per favorire la cooperazione economica. Questa idea partiva dalla convinzione che grazie alla cooperazione gli stati sarebbero riusciti in futuro ad evitare tensioni che avrebbero portato ad altri conflitti armati. L’Unione Europea ha una sua moneta, l’euro, che è stato adottato da 19 degli stati membri, ha un suo parlamento e delle sue regole che coinvolgono un’ampia gamma di settori.

Rimane sempre fissa una domanda: questo esperimento straordinario avrà la capacità di durare nel tempo? Le preoccupazioni di un suo smembramento si sono sollevate quando la Gran Bretagna ha indetto un referendum per decidere se lasciare il blocco dei paesi europei al quale si era unita nel 1973.

Quali che siano le interpretazioni che gli inglesi danno dell’Unione Europea, appare chiaro che questo compromesso politico economico non giova più ai loro interessi; accarezzano con più piacere l’idea di vivere al di fuori dell’UE, come già fanno del resto Novergia e Svizzera. Quindi ormai l’Inghilterra è impantanata in un dibattito che è universalmente conosciuto come “Brexit”.

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La Gran Bretagna aveva già tenuto un referendum in materia nel 1975, poco dopo essersi unita all’Unione Europea, o Mercato Unico come all’epoca si chiamava. Il paese si era espresso a favore della permanenza del blocco ma nel corso del tempo diverse voci, dai privati cittadini e dai politici, si sono sollevate affinché questo voto venisse ripetuto poiché, si sostiene, molte cose sono cambiate in 40 anni. Non da ultimo, si sono aggregati molti altri paesi e l’organizzazione sta estendendo il suo controllo su molti aspetti della vita quotidiana.

Il referendum è sostanzialmente un voto a cui tutti coloro che hanno la maggiore età, o la maggior parte di essi, possono partecipare, normalmente esprimendo una preferenza di “si” o “no”. Il fronte vincente è quello che consegue il maggior numero di voti. Il manifesto elettorale dell’ala conservatrice conteneva la promessa al referendum che avrebbe deciso la permanenza o meno dell’Inghilterra nell’Unione Europea entro la fine del 2017.

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La Gran Bretagna e l’Unione Europea hanno intavolato diversi negoziati per scongiurare un’uscita inglese, poiché questa condurrebbe alla dissoluzione dell’Eurozona. In base alla maggior parte dei sondaggi, si ritiene che la maggioranza dei votanti si schiererà per una permanenza nell’UE, per quanto alcuni di essi mostrino anche che questo supporto verso l’Unione stia diminuendo e, in alcuni casi, sia scomparso del tutto.

Gli euroscettici inglesi ritengono che l’UE voglia semplicemente ampliare le sue competenze al punto da ritagliarsi quote sempre più ampie da sottrarre alla sovranita nazionale. Ritengono inoltre che la Gran Bretagna otterrebbe un’influenza maggiore a livello globale se fosse fuori dall’Europa, avendo infatti un suo seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e potendo negoziare i trattati internazionali in modo da ottenere risultati a lei più favorevoli, poiché si libererebbe dai vincoli imposti dall’economia protezionista europea. Tra i sostenitori dell’Unione viene, invece, evidenziato come l’UE sia il più grande mercato delle esportazioni e che le compagnie internazionali più importanti scelgono di stabilirsi in Inghilterra perché in questo modo possono accedere al mercato degli scambi europeo senza dover pagare ulteriori tariffe. Il paese ha beneficiato del libero mercato, con gli imprenditori che hanno avuto la possibilità di attingere a serbatoi di forza lavoro altamente qualificata a costi relativamente bassi. Il timore che la Gran Bretagna possa abbandonare l’Unione ha portato gli altri paesi ha essere più aperti a concessioni che possano convincere gli inglesi a rimanere. La Germania ha interesse che l’Inghilterra rimanga nell’UE, poiché funziona da bilanciamento alla Francia in un contesto di libero mercato, per quanto la cancelliera Angela Merkel abbia chiarito che il diritto alla libertà di movimento nell’area dell’Unione è inalienabile.

Secondo le analisi degli economisti di Bloomberg Jamie Murray e Dan Hanson, una “Brexit” comporterebbe tre shock negativi che colpirebbero la fiducia dei mercati, il credito e e la valuta, per un totale di1,8 miliardi di sterline (2,6 miliardi di dollari). In ogni caso, si prevede che questo referendum avrà luogo a giugno.

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Martedì, il primo ministro ha presentato un accordo duramente conquistato, risultato di “un negoziato forte, determinato e paziente”. In realtà, il risultato è stato un compromesso rispetto a quanto originariamente era stato chiesto. Un promesso divieto di assistenza per i bambini residenti all’estero è diventato un’indicizzazione per i sussidi relativi al costo della vita locale. Il divieto per il sussidio agli stranieri per un periodo di quattro anni è diventato un potere temporaneo di diminuire la quantità di tali sussidi.

Per tutti questi motivi, il referendum vedrà larga parte dei parlamentari conservatori, laburisti, liberaldemocratici e membri del partito nazionalista scozzese schierarsi al fianco degli imprenditori a favore della permanenza della Gran Bretagna in un blocco a cui si è unita nel lontano 1973.

“Penso che saremo in grado di dimostrare che la Gran Bretagna viva delle condizioni migliori in termini di sicurezza, prosperità e possibilità di successo economico all’interno dell’Unione Europea piuttosto che al di fuori di essa”, ha riferito Cameron ieri. “Saremo in grado di dimostrare che la Gran Bretagna sarà in grado di cogliere il meglio da ciascuna realtà”

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