Le Regole Ue sulle criptovalute (direttiva AMLD5) sono già vecchie, servono quelle nuove. Lo dice uno studio dell'Unione Europea appena presentato.
La tecnologia viaggia veloce, il business viaggia veloce e non ha tempo di attendere neppure che le autorità di regolamentazione siano capaci di fornire regole. E così succede che uno studio di ben 77 pagine commissionato dall’Econ committee, la Commissione per i problemi economici e monetari, mette in discussione la capacità di essere al passo con i tempi della direttiva sull’antiriciclaggio e l’adeguata verifica AMLD5 approvata solo nel 2018 ed entrata in vigore appena a gennaio 2020.
La direttiva AMLD5 aveva già fatto discutere molto nell’ambiente crypto ed era già stata severamente criticata per le misure restrittive richieste.
Ora il nuovo studio fa notare che sono molti in realtà gli asset e le attività legate alle criptomonete che quella direttiva non comprende, e ne fa un rapido elenco.
Tutte queste attività e crypto asset al momento non trovano posto nella appena entrata in vigore AMLD5. Tali attività e asset digitali, secondo lo studio, dovrebbero essere regolamentati sotto il profilo delle attività di antiriciclaggio.
Da un punto di vista del riciclaggio, il punto di vista è chiaro. Un terrorista o un criminale potrebbero comprare token privati (anche più d’uno) per riciclare il denaro illecitamente ottenuto, quindi effettuare operazioni crypto-to-crypto, che al momento non sono regolamentate e tracciate dalle autorità, e in questo modo effettuare un lavaggio perfetto dei fondi: molto meglio di qualsiasi mixer di bitcoin.
Se sotto il profilo anche etico questo “timore” lo si può appoggiare, quello che proprio non scende giù a chi crede che le criptovalute sono tali perché sono decentralizzate, è il resto della ricerca.
Il paragrafo della ricerca ci mette il punto interrogativo, ma in realtà suona come una affermazione leggendo poi il paragrafo, perché si comprende che la linea è quella del controllo: devono essere centralizzate.
E che sia così lo si comprende anche leggendo il paragrafo che richiama il G20 e in particolare il Fsb (Financial Stability Board) che dovrebbe presentare un suo studio sull’argomento stablecoin e criptomonete più in generale.
Per i governi la strada è chiara e si traduce in parole semplici. Cari cittadini, se volete le criptovalute noi ve le daremo. Cari investitori, al dettaglio, professionisti e istituzionali, se volete guadagnare dai crypto asset noi ve li daremo.
Ma ve li daremo noi. Cioè, dateci il tempo di creare una disciplina unica stabilita a livello internazionale e da quel momento istituiremo registri in cui servizi finanziari autorizzati potranno rilasciare crypto asset (centralizzati) sui quali potrete fare tutti gli investimenti che vorrete.
Il bando dei crypto asset decentralizzati, sul modello Cina del 2017, è potenzialmente e sempre più altamente probabile.
Spero di essere smentito dai fatti.
Insomma, l’opposto della natura intrinseca delle criptovalute. Bisogna infatti scomodare la storia recente per ricordare il periodo in cui il sistema di pagamento elettronico Bitcoin, peer-to-peer, è nato.
Era la fine del 2008 quando appariva il documento bitcoin.pdf, appariva nel web e una ristretta cerchia di pionieri ne prendeva visione.
In quello stesso periodo Lehman Brothers falliva e non mandava a casa soltanto alcune decine di migliaia di persone, ma mandava in malora i risparmi e gli investimenti di milioni di americani, ancora una volta.
Il Bitcoin, nato per rendere le persone indipendenti dalla finanza e da istituzioni economiche che avevano barato e truffato milioni di persone, è oggi da essi stessi (presto) imbrigliato, imbavagliato e gettato nel dimenticatoio di qualche hard disk che ne conserverà il ledger completo.
Sarà così?
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.